Francesco Mastriani da il mio cadavere ai Vermi “studi storici sulle classi pericolose in Napoli “

La «trilogia socialista»

Con la venuta di Garibaldi a Napoli nel 1860, si nota nella letteratura e nel giornalismo locali un forte accentuarsi delle istanze sociali, anche in termini rivendicativi. Mastriani, in una fase della sua vita non meno critica del solito (si susseguono frenetici i traslochi, il 4 maggio 1864 in Largo Petroni alla Salute 7, esattamente un anno dopo, il 4 maggio 1865 al Vico Nocelle, nel 1866 in strada di Tarsia, nel Fondo Avellino, nel 1869 alle Case operaie dell’Emiciclo di Capodimonte) giunge al termine della sua lunga evoluzione con una serie di romanzisaggio, perlopiù organizzati come «nebulose» di episodi indipendenti tenuemente legati tra loro, che costituiscono un imponente ed esaustivo affresco del popolo basso napoletano: a parte La figlia del croato (dopo il 1866) e Un martire (1868’69, 5 voll.), formano un gruppo a sé (non per nulla chiamato «trilogia socialista», benché non siano pensati come corpus unitario) I vermi. Studi storici su le classi pericolose in Napoli (1863’64, 10 voll.), sulla camorra napoletana; Le ombre. Lavoro e miseria (1868), sullo sfruttamento femminile; e il celeberrimo I misteri di Napoli. Studi storico-sociali (1869’70, 2 voll.; ma accresciuti nel 1875, 10 voll., e nel 1880), l’opera più ambiziosa e complessa del Mastriani, oltreché una delle sue più vive. Il titolo riecheggia I misteri di Parigi di Eugène Sue, ma è più un omaggio ad una moda letteraria che il segno di una vera e propria filiazione. Bisogna ricordare che il romanzo sociale aveva avuto il proprio atto di nascita a Napoli già nel 1839, qualche anno prima dei primi esempi europei (di Benjamin Disraeli e, appunto, di Eugène Sue), che risalgono ai primi anni quaranta, con Ginevra o l’orfana della Nunziata di Antonio Ranieri; immediatamente sequestrato, il romanzo aveva avuto un’enorme circolazione clandestina. Il Mastriani, anche nell’inserzione dell’enorme materiale digressivo, segue maggiormente questo esempio locale rispetto alla coeva letteratura europea. Non si tratta di romanzi, ma, come recitano i sottotitoli, di studi: tutto quello che c’è di nota di costume o di cronaca è rigorosamente tratto dal vero, e, come confermerà Matilde Serao nel suo articolo di commemorazione per il Corriere di Napoli (9 gennaio 1891), Mastriani non esitava, quando li conosceva, a chiamare i suoi personaggi con i loro veri nomi e cognomi. Anche per questo lo scrittore, noto e regolarmente riconosciuto mentre correva tra l’ufficio della dogana, il tipografo e le case dei “signorini“, era additato argutamente come «l’autore dei romanzi di Francesco Mastriani».

http://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Mastriani

Il mio cadavere di Francesco Mastriani

Il mio cadavere – Liber Liber

Napoli 1826: Daniel Fritzheim, alias Daniel De Rimini, è un giovane e talentuoso maestro di musica assetato di ricchezze e disposto a tutto per ottenerle. Lucia è una poveretta che, dopo la morte dei genitori, si ritrova costretta a badare i suoi quattro fratelli. Emma è la bellissima e ricca ereditiera di una nobile e potente famiglia spagnola, abituata ad avere tutti gli uomini ai suoi piedi. Edmondo è un baronetto milionario che ha condotto una vita dissoluta in giro per il mondo ed è divorato da una ossessione. Chi sono i cavalieri del firmamento? Chi è in realtà il misterioso Maurizio Barkley? E che cosa lega tutte queste vite, apparentemente così lontane tra loro, ad un cadavere?

By a.fognini | Gennaio 11, 2011

di Luca Crovi

A chi va ascritta la paternità del primo giallo italiano? Fino a qualche tempo fa, quando la letteratura poliziesca nostrana non era assunta agli allori delle classifiche il dibattito fra gli studiosi non era particolarmente acceso e si tendeva ad attribuire generalmente ad Emilio De Marchi e al suo “Il cappello del prete” (1887) la primogenitura del genere in Italia. Una più accurata indagine letteraria ha poi portato i ricercatori a poter far risalire l’origine del protonoir a Jarro (alias Giulio Piccini) che nel suo “I ladri di cadaveri” nel 1883 mette in scena l’abilissimo commissario Lucertolo.  Sempre nello stesso anno anche Cletto Arrighi dava alle stampe i nerissimi “La mano nera” e “Un suicidio misterioso” e dopo le accurate indagini dello scrittore Massimo Siviero nel volume “Come scrivere un giallo italiano” sembrerebbe che la data di origine andrebbe portata ancora più indietro ovvero al 1852, anno in cui uscì il romanzo “Il mio cadavere” pubblicato a puntate sul quotidiano napoletano Roma nel 1852 e l’anno dopo in volume dall’editore Rossi di Genova. Finalmente i lettori possono rileggere quel densissimo feuiletton di Francesco Mastriani grazie alla sua pubblicazione nella nuova collana Gialli Rusconi che affianca a opere inedite contemporanee come “L’ombra del destino” di Daniele Cambiaso ed Ettore Maggi alcuni repechages. Anzitutto va sottolineato come questa edizione de “Il mio cadavere” sia stata riveduta e corretta dal responsabile della collana il noirista Divier Nelli che per aumentare il parco dei lettori dell’opera ha deciso di dargli una bella sistemata lessicale e grammaticale, riscrivendo alcune parti che forse sarebbero risultate ostiche ai più. Se voleste invece leggere il testo originale non riscritto vi suggeriamo di recuperarlo a questo indirizzo: http://www.archive.org/stream/ilmiocadavere00mastuoft/ilmiocadavere00mastuoft_djvu.txt

Protagonisti de “Il mio cadavere” sono quattro persone che vivono nella Napoli 1826: Daniel Fritzheim, alias Daniel De Rimini, è maestro di musica assetato di ricchezza; la povera Lucia che, dopo la morte dei genitori, deve sbarcare il lunario per dar da mangiare ai suoi quattro fratelli; l’avvenente e ricchissima Emma che è abituata a vedere gli uomini strisciare ai suoi piedi ed il baronetto dissoluto Edmondo. La morte di quest’ultimo porterà all’apertura di una vera e propria indagine da parte del dottor Weiss che analizzando il cadavere del povero Edmondo dimostrerà conoscenze di anatomia degne della moderna Kay Scarpetta e un fiuto da segugio infallibile. E dalla storia emergono poi questioni enigmatiche di cui verrà data soluzione durante lo svolgimento della storia: chi sono in realtà i cavalieri del firmamento? Chi è in realtà il misterioso Maurizio Barkley che sembra essere il vero artefice del complotto narrato nel denso feuilleton di Mastriani?

Se Benedetto Croce fu uno dei primi critici a sottolineare l’abilità di Mastriani nella costruzione delle sue storie di genere la sua più convinta e appassionata fan fu Matilde Serao che firmò dopo la morte dello scrittore partenopeo il seguente corsivo sul “Corriere di Napoli” del 7 gennaio 1891: “Tutti sorrisero, quando Francesco Mastriani, nel solo momento di orgoglio della sua umile esistenza di romanziere, scrisse di aver voluto, prima di Emilio Zola, fare il romanzo popolare, verista, come si diceva: tutti sorrisero alla spacconata del povero don Chisciotte della romanzeria napoletana, ma egli non aveva assolutamente torto. Aveva torto di volersi misurare con Emilio Zola; ma attraverso tutta la rettorica delle suei dee e delle sue narrazioni, attraverso quel concetto ristretto del bene e del male, fiorisce una certa verità popolare che sarà, poi, il punto di partenza onde i sociologi e gli artisti trarranno il grande materiale del romanzo napoletano. Piccola verità popolare, invero, e che consisteva soltanto nel chiamare coi loro veri nomi i tetri frequentatori delle bettole, col loro nome esatto e con la loro topografia i vicoli sordidi e lugubri dove si annida, in Napoli, l’onta, la corruzione, la morte; piccola verità affogata nella frondosità fastidiosa del romanziere che ha cominciato a vedere, ma che non ha forza, coraggio, tempo di vedere molto, di vedere tutto: piccola verità, dirò così, esteriore, che la falsità bonaria del resto annega, ma che è uno spiraglio di luce, attraverso la tenebra, ma che è la fioca lampada nella notte profonda che altri vedrà e che li condurrà alla loro strada, e tutta quanta la verità come è, nuda, schietta, tutta piena di strazio ma non senza conforto.»”.  Rileggendo “Il mio cadavere” di Francesco Mastriani vi troverete a leggere un’opera che racconta in maniera sincera la Napoli dell’Ottocento e ne mostra il palpitante cuore noir.   E nel caso l’opera vi lasciasse a bocca aperta vi consigliamo di recuperare anche il non meno intenso “La cieca di Sorrento” che è stato ristampato l’anno scorso dall’editore Avagliano e che ci riconferma come il talento di Mastriani avesse più di una freccia al suo arco.

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4 risposte per “Il mio cadavere di Francesco Mastriani”

  1. nicoletta scrive:
    Giugno 21st, 2012 alle 20:21

Leggere Mastriani sciacquato nei fetidi navigli non ha proprio senso ,il romanzo va letto nella sua stesura iniziale,basta un po’ di pazienza e un vecchio vocabolario 1880 e tutto si risolve.E non mi sazierò mai abbastanza di leggerlo così.
Cordiali saluti

  1. gaetano bonelli scrive:
    Maggio 22nd, 2012 alle 13:45

Mastriani, rappresenta un esempio di talento non ancora del tutto valorizzato e conosciuto come meriterebbe.
Nonostante abbia venduto milioni di libri, morì povero.
La sua Napoli e l’Italia dovrebbero ricordarlo alle future generazioni con un monumento!

  1. anna scrive:
    Maggio 16th, 2012 alle 12:09

grazie per questo articolo,per chi legge mastriani è una manna.
conoscere dettagli della vita dello scrittore ci fa avvicinare sempre più al suo mondo.

ho letto la contessa di mates, sono rimasta affascinata proprio dal suo modo di scrivere.

  1. Massimo scrive:
    Gennaio 11th, 2011 alle 20:43

Complimenti a Luca per l’acume critico e la puntuale informazione sulla primogenitura del noir nostrano.
Massimo

http://giallo.blog.rai.it/2011/01/11/il-mio-cadavere-di-francesco-mastriani/

Francesco Mastriani, un autore quasi sconosciuto

Negli anni settanta era di moda il melodramma in costume, infatti nel 1973 venne realizzato, diretto da Aldo Lado, il film “la sepolta viva” con la partecipazione dell’attrice Agostina Belli, ispirato al romanzo di Francesco Mastriani, ambientato in Francia. L’autore napoletano dell’800 in realtà fece numerosi mestieri dal giornalista, al lavoro in una società industriale, all’insegnante privato di lingue, allo studioso di medicina, all’impiegato doganale, alla guida turistica per stranieri (conosceva ben quattro lingue), al collaboratore di testate come il tempo, all’impiegato, al professore a tempo pieno di ginnasio ad Aversa, ecc. l’intensa e energica attività letteraria, era drammaturgo e scrittore di romanzi di appendice, di novelle, di romanzi anche di genere gotico, di opere teatrali, persino di romanzi gialli, di articoli di costume, di raccolte antologiche, di drammi borghesi, di saggi  non gli diedero mai l’indipendenza economica. Fu costretto nel corso della sua vita a pagare l’affitto e a fare molti traslochi. Per un periodo fu ospite con la famiglia nella casa del suocero. Eppure questo autore con le sue opere come la novella il diavoletto, gli scritti come Valentina, Messalina, racconti come il brindisi di sangue, il fantasma, romanzi come Luigia Sanfelice, La cieca di Sorrento, con le sue opere teatrali, contribuì a gettare le basi del verismo in Italia. Partendo dal romanticismo, allora imperante, si avvicinò al verismo attraverso l’analisi della realtà sociale dei diseredati. Le tematiche sociali sono ampiamente presenti nei suoi scritti. Descrive le credenze popolari locali tipicamente napoletane come la credenza nel malocchio. Le sue considerazioni sulla realtà dell’epoca hanno valore storico. Di questo autore ci resta ben poco, è quasi sconosciuto ai più. L’unica cosa che resta è un elogio post mortem della scrittrice Matilde Serao in un articolo. I suoi scritti non sono rintracciabili nemmeno nelle biblioteche più importanti. Questo ci fa pensare che talvolta è inutile affidare alla pagina bianca un nostro pensiero. Eppure ci sono nazioni che difendono l’operato dei propri figli e lo divulgano, se no altro per non lasciare nell’ombra ciò che andrebbe messo in luce.

http://puntodidomanda.altervista.org/francesco-mastriani-un-autore-quasi-sconosciuto/

I Vermi di Francesco Mastriani

Dalla prefazione dell’Autore:

… il suo scopo principale (dell’opera n.d.r.) è di gittare alquanta luce su le pratiche insidiose di quelle numerose classi che, o per accidia naturale ed abborrimento ad ogni onesto lavoro, o sedotte dalla speranza di uscire, più presto che col lavoro, dallo stato di miseria in cui giacciono, o sopraffatte per ignoranza da’ più astuti, si danno a vivere di illeciti guadagni. Queste classi, figlie della corruzione, formano appunto la sciagurata generazione de’ VERMI sociali…. i fatti su cui appoggiano i nostri studi storici, la maggior parte, veri. … i personaggi che figurano in questi nostri racconti sono la maggior parte esistenti. … noi avevamo concepita quest’opera molto innanzi che fosse venuto a luce il libro stupendo de’ Miserabili di Vittor Hugo. Confessiamo che la lettura di questo ammirabile lavoro del romanziero francese ci avrebbe scoraggiati dallo intraprendere il nostro, qualora non ci fossimo avveduti della differenza della indole dell’opera.

http://www.damicoeditore.it/italiana/576-i-vermi-di-francesco-mastriani.html

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