Sinfonia n. 9 in do maggiore “La grande” D. 944
Musica: Franz Schubert
- Andante (do maggiore). Allegro ma non troppo
- Andante con moto (la minore)
- Scherzo. Allegro vivace (do maggiore). Trio (mi maggiore)
- Allegro vivace (do maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, archi
Composizione: estate 1825 – marzo 1828
Prima esecuzione: Lipsia, 21 marzo 1829
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1840
Guida all’ascolto n. 1 (nota 1)
Delle otto Sinfonie di Franz Schubert che sono giunte ai posteri in forma completa – laddove il concetto di “completezza” si riferisce non al numero dei movimenti compiuti ma all’integrità e all’eseguibilità della loro stesura; dunque fra le complete ha posto anche la celebre “Incompiuta” – solamente le ultime due, appunto l'”Incompiuta” e la “Grande”, sono opere dell’autore maturo, giunto al pieno possesso dei propri mezzi espressivi. Le prime sei Sinfonie, scritte fra il 1813 e il 1818 (fra i sedici e i ventun anni) sono da considerarsi piuttosto alla stregua di esperienze formative, lavori di fattura anche pregevolissima e di interesse sommo, ma esercitazioni nella difficile tecnica di scrittura orchestrale più che libere manifestazioni della creatività del musicista – creatività che aveva invece già trovato una personalissima definizione nell’ambito della produzione cameristica e liederistica.
Delle ambizioni del compositore nel genere sinfonico offre importante testimonianza una celebre lettera del marzo 1824 all’amico Leopold Kupelwieser, nella quale Schubert osserva: «Nei “Lieder” ho fatto ben poco di nuovo, ma mi sono cimentato in parecchi lavori strumentali… Soprattutto voglio in questo modo aprirmi la strada verso la grande sinfonia». In questa prospettiva si inseriscono dunque i due lavori incompiuti scritti fra il 1821 e il 1822: una sinfonia in mi maggiore abbozzata in tutti e quattro i movimenti, nessuno dei quali tuttavia eseguibile nella forma pervenutaci, e la Sinfonia in si minore (appunto l'”Incompiuta”) che annovera due movimenti del tutto definiti e l’abbozzo di uno Scherzo.
Ma l’interesse di Schubert era volto verso un lavoro di dimensioni ancora più ampie ed ambiziose, che potesse stare a confronto con le ultime opere di Beethoven, senza per questo rinunciare alle caratteristiche peculiari del proprio stile. La messa a punto di un simile progetto dovette richiedere certamente un sommo impegno al compositore. Della Sinfonia “Grande” abbiamo una prima notizia in una lettera di Bauernfeld, l’amico che ospitò Schubert presso le località montane di Gmunden e Gastein nel 1825; e la partitura completa reca poi la data del 1828. Dalla distanza fra queste due date è derivata peraltro la pertinace convinzione di buona parte della critica che Schubert abbia composto una Sinfonia “di Gastein”, poi andata smarrita; mentre invece (come dimostrò Maurice J. E. Brown nel 1958) è ormai indubbia la identità della Sinfonia di “Gastein” e della “Grande”. (E da tutte queste vicissitudini è derivato anche un ripetuto slittamento del numero d’ordine assegnato alla Sinfonia in questione nei diversi cataloghi: n. 7, in quanto prima sinfonia completa dopo la n. 6; n. 8, calcolando anche l'”lncompiuta”; n. 9, calcolando anche la abbozzata Sinfonia in mi maggiore; e addirittura n. 10, inserendo nel catalogo anche l’inesistente Sinfonia “di Gastein”).
Nel 1828 Schubert offrì poi la partitura alla Società degli amici della musica di Vienna per una esecuzione finalmente “ufficiale”; la “Grande” sarebbe stata così la prima delle Sinfonie di Schubert a ricevere una esecuzione pubblica. Sicuramente furono effettuate delle prove d’orchestra, ma il lavoro risultò troppo complesso per le forze dell’orchestra della Società. Schubert propose in sostituzione la Sesta Sinfonia; ma questa fu eseguita solamente pochi mesi più tardi, nel concerto commemorativo per la morte del compositore. La partitura della “Grande” venne poi ritrovata da Schumann fra le carte del compositore nel 1839, ed eseguita a Lipsia sotto la direzione di Mendelssohn; e per una completa edizione a stampa si dovette aspettare l’anno 1849.
Questi fatti valgono da soli a dimostrare le grandi ambizioni della partitura, i cui orizzonti superavano incomparabilmente la prassi dell’epoca. E la “Grande” rappresenta effettivamente un ponte lanciato verso il sinfonismo tardo romantico, per l’ampliamento dell’organico (tre tromboni in più rispetto alla “Quarta”) e delle dimensioni, ma anche per il superamento della logica sinfonica “classica”, basata su una ferrea dialettica fra elementi contrapposti. Schubert aderisce apparentemente alle regole di costruzione della forma classica, ma ne modifica poi dall’interno gli equilibri; allenta la contrapposizione fra i diversi temi e vi sostituisce una ripetizione articolata dei medesimi, senza che per questo venga a mancare una logica narrativa alla composizione, assicurata dalle strette relazioni “sotterranee”, dal nervoso impulso ritmico che percorre incessantemente l’intera partitura.
Già il tema iniziale della Sinfonia, esposto dai corni, offre l’idea di questo continuo ripiegamento del materiale su sé stesso; il tema, in soluzioni espressive continuamente rinnovate, è protagonista esclusivo della mastodontica introduzione (Andante) che, con una progressiva “lievitazione”, scivola direttamente nel seguente Allegro ma non troppo. Qui si impongono tre blocchi tematici, uno in ritmo puntato esposto dai bassi, uno in staccato dei legni e un terzo dei tromboni, tutti e tre ritmicamente incisivi e dalla configurazione “circolare”, riallacciabili cioè al tema dell’Andante; e proprio quest’ultimo si pone alla base delle variegate trasformazioni della sezione dello sviluppo. La riesposizione sfocia in una coda incalzante e simmetrica (Più moto), sigillata dalla riapparizione del tema dell’Andante nella sua veste testuale.
Sui pizzicati degli archi l’oboe staglia la melodia “all’ongarese” che da l’avvio all’Andante con moto, movimento che si articola secondo lo schema ABAC-BA; a un primo grande blocco tematico segue un nuovo episodio aperto da una intensa polifonia degli archi e chiuso dai richiami misteriosi dei corni; la riesposizione del primo blocco conduce a uno sviluppo drammatico, con un celebre passaggio di violoncelli e oboe, e a un ritorno del secondo episodio; e il movimento si chiude richiamandosi al motivo iniziale, con un mirabile e calibrato senso delle proporzioni che dona aurea compiutezza alle poliedriche peregrinazioni del movimento. Segue uno Scherzo brillante e serrato, cui si contrappone un Trio dal carattere di Ländler popolare.
L’intera Sinfonia gravita però verso il Finale, movimento di articolazione estremamente ampia, in forma-sonata, aperto dai richiami degli ottoni con le risposte degli archi. L’incessante propulsione ritmica è l’elemento più evidente del primo blocco tematico, cui succede una lunga cantilena per note ribattute dei legni. Oltre duecento battute prende la sezione dello sviluppo, che segue una logica paratattica, evitando una vera e propria “elaborazione” del materiale, e preferendo richiamarsi ai singoli elementi già comparsi e assunti separatamente. Dopo la riesposizione trova luogo una coda che conduce a una vera apoteosi la frenesia ritmica del movimento; conclusione degna della “grande” sinfonia che tenta una interpretazione postuma dell’età del classicismo, e offre suggerimenti profetici alle epoche successive.
Arrigo Quattrocchi
http://www.flaminioonline.it/Guide/Schubert-Sinfonia9.html
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27/01/2013Franz Schubert: Sinfonia in do maggiore D 944 “La Grande”
Il sabato e la domenica alle 9.00
con Giovanni Bietti e altri
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