QUANTA CONFUSIONE SUL CARCERE!

QUANTA CONFUSIONE SUL CARCERE!

Posted on gennaio 9, 2013 by contromaelstrom

 

Le carceri sono indecenti, orrende e sottopongono le detenute e i detenuti a “condizioni inumani e degradanti”. Stavolta a dirlo è la Corte europea dei diritti dell’uomo, non i soliti estremisti-sovversivi. E allora che fare?

Dunque molti e molte si porranno onestamente il quesito. Vedremo stilare elenchi di richieste e di rivendicazioni le più varie, utili, a detta di ciascun estensore del pacchetto rivendicativo, di alleviare la pena e, udite!, udite!, di renderla perfino gradevole e ovviamente rieducativa e risocializzante.

Noi, che della galera ne abbiamo fatto una scorpacciata ci domandiamo: come fanno menti così perverse a immaginare che sia possibile la permanenza “gradevole” in un luogo che ti toglie quanto di più prezioso ha un essere umano: la libertà?

Ma lasciamo stare! Ciascuno ha sullo stomaco il pelo che si merita.

Il problema non appartiene alla sfera morale (su cui ciascuno può dire la sua) ma a quella prosaica della fattibilità. Ossia che se si vuole combattere la sofferenza inferta a chi viene sbattuto in galera bisogna escogitare qualcosa che la sofferenza la diminuisca concretamente, realmente.

Dunque queste carte rivendicative che ciascun “soggetto politico” o “umanitario” stilerà dovranno essere presentate alle autorità competenti (Ministero della giustizia- Dipartimento Amministrazione Penitenziaria- Governo- Parlamento). A questi probabili estensori di pacchetti rivendicativi dovremmo ricordare, enumerandoli, i fattori –connessi alla reclusione- che provocano sofferenza ; stilare un elenco di tutto ciò che produce sofferenza in carcere. Vogliamo provarci? (solo un breve sunto, altrimenti vien fuori un’enciclopedia)

Ciò che prova sofferenza è oltre la mancanza di libertà: l’impossibilità di fareoperazioni che riguardano il tuo corpo nel tempo che tu vuoi: questo provoca sofferenza; l’impossibilità di gestire i tuoi ritmi quotidiani veglia/sonno; l’impossibilità di nutrirti nei tempi e nei modi che decidi; l’impossibilità di movimento; l’impossibilità di avere relazioni umane con persone da te scelte; l’impossibilità di fare la doccia quando vuoi, l’impossibilità di avere relazioni affettive; l’impossibilità di avere relazioni sessuali; l’impossibilità di parlare di ciò che si vuole, di fare ciò che si vuole, di leggere ciò che si vuole, di ascoltare ciò che si vuole… insomma l’impossibilità di vivere…che va dalla “Conta” della mattina, quando intorno alle 6 entrano in cella per sbattere le sbarre rumorosamente svegliandoti di soprassalto, fino alla sera quando, intorno alle 23, dopo aver fatto l’ennesima “Conta” spengono le luci ed ti “finiscono” la giornata! Possiamo aggiungerci le “squadrette” con i pestaggi; gli “sballi” ossia i trasferimenti improvvisi alle 5 di mattina ad altre carceri distanti centinaia di chilometri, che distruggono le relazioni che hai costruito e devi ricominciare da capo; e il peggiore di tutti: l’isolamento che uccide!!!

Il sovraffollamento, la mancanza di igiene, l’intonaco che cade …e le altre storture del carcere aumentano la sofferenza ma non è che ne creano di nuove.

È il carcere stesso erogatore di sofferenza…e allora che si può fare?

Il carcere si deve criticare, condannare, biasimare, deplorare… continuamente, ogni momento, ogni giorno. Solo così il carcere diventa un po’ meno “feroce”!

Solo mettendo il carcere sul banco degli accusati, ribaltando quindi il suo operare; mettendo in discussione la sua utilità, se ne attenua la sua ferocia…

Non si ottiene granché cambiando i regolamenti. Da considerare che il Regolamento Penitenziario vigente è del 2000 e prevede tante belle cose che nessuno ha mai visto in galera! E allora? Allora non serve molto rivolgersi alle istituzioni con un elenco di “rivendicazioni”. Il carcere va distrutto, e non nelle mura, prima ancora va distrutto nella testa e nella cultura (sub-cultura) degli uomini e delle donne di questo triste paese.

Saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro…

«Il carcere si può definire lo specchio della società che lo contiene e i carcerati la sua immagine.
Il carcere è anche la negazione più assoluta delle esigenze e delle necessità fisiologiche e caratteriali                        

dell’individuo che col tempo finiscono anche per comprometterne il suo equilibrio psichico».

[carcere di Volterra, 9 marzo 1971]

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