Tra Cia e eversione: storia di un neofascista

Tra Cia e eversione: storia di un neofascista

Fondatore di Ordine Nuovo, coinvolto in tutte le principali indagini sul terrorismo neofascista. Su Pino Rauti facciamo parlare gli atti giudiziari.


venerdì 2 novembre 2012 15:00

Tutte le frasi che leggete sono estrapolate da atti giudiziari e dagli atti della Commissione parlamentare sul terrorismo e le stragi. Le riproponiamo per una lettura storico-politica, perché Rauti è stato sempre assolto nei procedimenti a suo carico.

Ordine nuovo. Ordine Nuovo nasce nel 1956, come Centro Studi Ordine Nuovo, dopo il congresso di Milano del Msi, dal quale si scinde nel nome della continuità con gli ideali della RSI, sotto la guida di Pino Rauti che, all’interno del partito, aveva già dato vita ad una aggregazione denominata Ordine Nuovo. Promotori della scissione, insieme a Rauti, sono Graziani, Massagrande, Delle Chiaie. Dopo la morte del segretario Michelini, il nuovo segretario del Msi, Giorgio Almirante, che aveva guidato all’interno del partito l’opposizione interna più vicina alle posizioni degli ordinovisti scissionisti, avviò il tentativo di recupero di tutti i gruppi dissidenti. Il processo di riassorbimento arrivò a compimento nel dicembre del 1969 con il ritorno di Rauti nel Msi, che motivò tale rientro con la necessità, a fronte dei mutamenti in atto nella situazione politica nazionale, di procedere a “una revisione globale della sua posizione nel quadro delle contingenze globali che indicano, senza alcun dubbio, una possibilità di rottura degli equilibri, di estrema pericolosità […] Ne consegue che è necessità vitale per la vita futura (prossimo futuro) di Ordine Nuovo inserirsi dalla finestra nel sistema dal quale eravamo usciti dalla porta, per poter usufruire delle difese che il sistema offre attraverso il parlamento, con tutte le possibili voci propagandistiche che ne derivano […] Necessità contingente dunque, assoluta e drammatica […]”

I depistaggi e le protezioni dei servizi segreti. Che i servizi fossero in possesso di altre fondamentali notizie, cui non dettero il legittimo sbocco processuale, emerge anche e soprattutto dal documento Azzi. In esso si fa riferimento alla attribuibilità al gruppo La Fenice (e a Rognoni personalmente) dell’attentato alla Coop (individuato in quello avvenuto il primo marzo del 1973) e all’idea di convincere Fumagalli e l’avanguardista Di Giovanni a prendervi parte, come pure si fa riferimento al progetto, confermato da altre fonti, di far rinvenire nelle adiacenze della villa di Giangiacomo Feltrinelli nei pressi di Casale Monferrato una cassetta di esplosivo e parte dei timers residui dalla strage di Piazza Fontana per avvalorare l’attribuibilità della strage a quell’area. La cassetta fu poi rinvenuta in una località dell’appennino ligure subito dopo il fallito attentato al treno Torino-Roma dell’aprile del 1973. A proposito di questo progetto, l’ex terrorista di destra, Edgardo Bonazzi ha aggiunto un particolare di grande interesse e cioè che tale provocazione era stata personalmente ispirata da Pino Rauti, anch’egli coinvolto nelle prime indagini sviluppatesi a Treviso e a Milano sulla strage e quindi obiettivamente interessato ad azioni diversive che creassero difficoltà all’istruttoria in corso. In carcere, poi, Bonazzi aveva appreso a seguito delle confidenze di Nico Azzi, che Pino Rauti, capo di Ordine Nuovo, era da molto tempo in contatto con i servizi di sicurezza e di conseguenza l’attività di Ordine Nuovo era in qualche modo eterodiretta.

La protezione di Cicuttini, uno degli autori della strage di Peteano. La sua fuga in Spagna (dove si unì al gruppo di rifugiati guidato da Stefano Delle Chiaie) fu, come si è detto, favorita da un massiccio intervento dalla rete neofascista italiana ed internazionale. Vinciguerra denuncia in modo esplicito il coinvolgimento, a vario titolo, nell’episodio di alcuni dei più prestigiosi dirigenti della destra estrema e radicale, da Paolo Signorelli a Massimiliano Fachini, fino a Pino Rauti (che ne sarebbe stato solo a conoscenza). Una volta in Spagna, Cicuttini continuò ad essere protetto dai massimi vertici del partito neofascista. Egli fu poi riconosciuto autore della telefonata anonima che aveva chiamato i Carabinieri sul luogo della strage e condannato all’ergastolo.

I viaggi nella Grecia fascista per imparare a fare i provocatori Nella primavera del 1968 partecipa ad una “escursione” nella Grecia dei colonnelli, formalmente organizzata dall’Esesi, l’associazione degli studenti greci in Italia. La gita era guidata da Pino Rauti, Stefano Delle Chiaie, Loris Facchinetti (leader di “Europa Civiltà”) e ad essa parteciparono alcune dozzine di militanti (oltre alla leadership di Ordine Nuovo e di Avanguardia Nazionale). I partecipanti furono accolti dai dirigenti del regime amico, e sottoposti ad una sorta di corso accelerato in quelle tecniche di infiltrazione a scopo eversivo che erano state impiegate con successo in Grecia l’anno precedente. Al rientro in Italia gli “studenti” si dedicarono a loro volta all’applicazione sistematica di queste tecniche, cercando di inserirsi in gruppi dell’estrema sinistra.

Le minacce a uno dei testimoni di piazza Fontana. Le risultanze degli elementi acquisiti successivamente hanno consentito di chiudere il cerchio sulla corresponsabilità di Franco Freda e di Giovanni Ventura, nonché sui coinvolgimenti di apparati istituzionali, negli attentati compiuti il 12 dicembre 1969 a Milano e Roma. In particolare, dalle deposizioni dell’elettricista Tullio Fabris, è risultato possibile accertare in maniera inequivocabile il ruolo di Freda nell’acquisto dei timers utilizzati per la strage e gli attentati. Ma di eccezionale rilievo sembra essere il ruolo svolto da altri personaggi, anch’essi organicamente inseriti nella destra eversiva, nell’attività di copertura e depistaggi posti in essere dopo la strage, vale a dire Pino Rauti e Massimiliano Fachini, che Fabris indica come autori di minacce nei suoi confronti, minacce confermate anche dalla di lui moglie, Maria Rosa Bettella. Così, il 16 novembre 1994, Fabris riferisce al magistrato: “Preciso che subito dopo il primo o il secondo verbale di cui mi è stata concessa lettura (n.d.r.: si tratta di verbali di dichiarazioni rese nel gennaio 1972 dal teste davanti al G. I. di Treviso) ricevetti la visita di una persona che non conoscevo e mi disse di chiamarsi Fachini e di essere un amico di Freda e mi precisò di venire per conto di questi. Ricordo che era in un periodo freddo. Il Fachini mi chiese di raccontargli quali erano state le domande fatte dai giudici, cosa alla quale io risposi, chiedendomi inoltre se avevo bisogno di aiuto e se il lavoro andava bene. Io gli risposi che non volevo avere più alcun rapporto con loro. Il Fachini in questa occasione non reagì in malo modo. Voglio precisare che in realtà la prima minaccia la subii proprio contestualmente alla prima deposizione in Padova, allorquando mi incrociai con la mamma di Franco Freda, che mi intimò di stare attento, in quanto mi avrebbe mandato al creatore. Successivamente, sempre in periodo freddo invernale, nello stesso tempo in cui effettuavo alcune deposizioni in Milano, il Fachini rivenne, unitamente ad altra persona a me al momento non nota, sempre presso la mia abitazione-negozio. In questa occasione era presente mia moglie ed alcuni clienti. I due aspettarono l’uscita dei clienti per iniziare a parlare, cosa che fecero solo con mia moglie, in quanto io arrivai proprio nel momento in cui lei li stava cacciando e la udii dire che gli avrebbe graffiato il muso. Mia moglie mi narrò che era stata minacciata in particolar modo dallo sconosciuto che si era qualificato come milanese. Riconoscemmo poi in un articolo di giornale l’individuo che aveva accompagnato il Fachini, si trattava di Pino Rauti.

I raporti tra fascisti, generali e servizi. Il tenente dei Carabinieri Sergio Bonalumi ha dichiarato ai giudici bolognesi di avere accompagnato più volte Rauti negli uffici di Forte Braschi, sede del Servizio segreto militare. Rauti, ricorda Vincenzo Vinciguerra, “aveva collegamenti operativi” con lo Stato Maggiore e con il gen. Aloia. Del resto Pino Rauti, a cavallo tra destra parlamentare ed extraparlamentare, era portatore di una strategia eversiva ben precisa. Afferma Edgardo Bonazzi: “[.] sia il gruppo la Fenice sia i gruppi del Veneto, facevano riferimento a Rauti e a Signorelli ed era stato Rauti ad indicare questa strategia di rientro [il riferimento è ad On ed all’anno 1969] nel Msi, al fine di avere una maggiore copertura anche da eventuali iniziative giudiziarie, in quanto vi era il rischio che fossero presto sciolti i gruppi di estrema destra.

I campi paramilitari. Deponendo lo scorso 14 aprile 2000 dinanzi alla corte d’assise di Milano, nel corso del nuovo processo sulla strage di piazza Fontana, Stimamiglio ha ricordato che i giovani di Ordine Nuovo avevano organizzato alcuni campi paramilitari per esercitarsi alla resistenza in caso di invasioni da Est. L’ex ordinovista, in particolare, ha parlato di un campo, riferendo alla corte: “Responsabili di quel campo erano Pino Rauti, Paolo Signorelli e Giulio Maceratini. Mi stupii quando nel settembre del 1969 Pino Rauti decise di rientrare nel Msi. Era una scelta che contrastava con quanto aveva affermato prima. Diceva che il Msi vendeva i voti alla Dc”. Ha aggiunto Stimamiglio di aver saputo in seguito che Rauti sarebbe rientrato nel Msi perché dopo gli attentati ai treni del ’69 “qualcuno lo minacciò di coinvolgerlo in tutti gli attentati che sarebbero avvenuti anche in seguito”.

I rapporti tra Rauti e l’intelligence Usa. Digilio (un ex ordinovista poi diventato collaboratore di giustizia) ha aggiunto un particolare interessantissimo: “Il capitano Carrett mi aveva detto che avevano recepito l’informazione sul progetto nell’ambiente di Ordine Nuovo di Roma. Io avevo già saputo da Soffiati, in tempi precedenti, che Pino Rauti era in contatto con la struttura Cia con la veste di informatore e di fiduciario e ciò mi fu confermato dallo stesso capitano Carrett nel corso del secondo incontro, quando parlammo del modo in cui essi avevano acquisito la notizia del progetto”.
Come detto in precedenza, secondo Carlo Digilio, Pino Rauti sarebbe stato un agente americano facente parte della sua stessa struttura. Una confidenza che gli era stata fatta dal suo “collega” Marcello Soffiati, e che era stata confermata dal superiore di Digilio stesso, il capitano David Carrett. Del resto, come ha sempre affermato lo stesso Digilio, in diversi colloqui, il capitano degli Usa aveva mostrato di essere al corrente dei progetti ordinovisti perché informato direttamente da qualcuno di On di Roma.
La testimonianza del collaboratore di giustizia circa i rapporti tra Rauti e gli ambienti americani trova una conferma documentale in una nota riservata, datata 12 novembre 1970, redatta da un fiduciario dell’Ufficio Affari riservati del Viminale, la nota fonte “Aristo”, che informa i suoi superiori nei seguenti termini. Anzitutto la fonte del Viminale segnala che i rapporti tra i giornalisti del “Il Tempo” Torchia, D’Avanzo, Rauti e PascaRaimondi “con l’addetto stampa dell’Ambasciata USA risalgono al mese di febbraio 1967”, quando evidentemente la linea del quotidiano rientrava tra i progetti politici statunitensi e i giornalisti venivano gratificati, chi con viaggi premio, chi con un contributo mensile.
In questo quadro di collaborazione, Rauti coglie la possibilità di incrementare l’attività della sua organizzazione, e “tra la fine del 1967 ed il 1968 il Rauti propose all’addetto stampa di finanziare, sia pure parzialmente, le sue attività politiche (Ordine Nuovo, l’Agenzia di stampa e le pubblicazioni di opuscoli vari a carattere politico) e dopo un certo periodo ottenne infatti un primo aiuto economico”.
Successivamente, sulla scorta dei buoni contributi forniti, ai primi aiuti economici ne seguono altri, “sino a giungere ai rapporti attuali [novembre 1970] che consentono al Rauti di godere di un assegno di lire 200 mila mensili”. Quali siano questi contributi, è la stessa fonte Aristo a riferirlo, specificando che “l’Ambasciata USA si è avvalsa e si avvale di Rauti per organizzare talune manifestazioni anticomuniste”.

http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=35442&typeb=0&Tra-Cia-e-eversione-storia-di-un-neofascista

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