Honoré de Balzac : La Comédie humaine, Papà Goriot

Father Goriot by Honoré de Balzac – Free Ebook – Project …

Papà Goriot: capolavoro del realismo di Balzac

Lungi dall’essere mere opere con vita propria ed indipendente, i romanzi di Honoré de Balzac in realtà rispondevano tutti ad un disegno artistico di ampio respiro che, nella mente dello scrittore, prese forma nitidamente intorno al 1842 in piena maturità letteraria.

L’ambizioso progetto di Balzac infatti prevedeva la creazione di una raccolta organica ed unitaria di tutte le opere già scritte in passato e di quelle a venire che potesse servire da fotografia composita e dettagliata della società contemporanea alla scrittore. Con chiaro riferimento a Dante, Balzac chiamò questa raccolta “Commedia umana” e la suddivise in 3 macrogruppi: studi di costume, studi filosofici e studi analitici.

In particolare, il primo ciclo di studi fu ulteriormente suddiviso in sei parti con lo scopo di dare ampio spazio all’analisi di tutte le categorie sociali:

  1. Scene di vita privata – in cui Balzac inserì il capolavoro di realismo sociale “Papà Goriot”.
  2. Scene della vita di provincia – che contiene “Eugénie Grandet”.
  3. Scene della vita parigina – di cui fa parte “Il cugino Pons”.
  4. Scene della vita politica.
  5. Scene della vita militare.
  6. Scene della vita di campagna.

In questa sede, approfondiamo in special modo la trama del più famoso romanzo di Balzac facente parte della “Commedia umana”, ovvero “Papà Goriot” pubblicato nel 1834. Il romanzo è una preziosa istantanea della società involgarita dalla sete di denaro e da aspirazioni di crescita professionale, società in cui anche i rapporti che dovrebbero essere più autentici come quelli tra padre e figli vengono filtrati da logiche di egoismo e tornaconto, di avidità e interesse economico.

Trama

Protagonista della vicenda è un ricco commerciante ormai in pensione, Papà Goriot, ossessionato dall’obiettivo di sistemare, con dei vantaggiosi matrimoni, le sue due uniche figlie, Delphine e Anastasie.

Goriot riesce nell’intento acquisendo come generi addirittura un conte e un barone, tuttavia la felicità tanto agognata in realtà non lo sfiora nemmeno. La dedizione ossessiva per il benessere delle figlie infatti ha finito per renderlo succube di esse che si rivelano ben presto come esseri viziati, capricciosi, egoisti, avidi e senza valori. Sia Delphine sia Anastasie non hanno scrupoli persino nell’intrattenersi in compagnia di uomini al di fuori del matrimonio, continuando anche a spillare soldi al povero Goriot lasciato solo ad invecchiare in miseria negli ultimi anni della sua vita.

Ma Goriot non spezzerà mai il legame d’amore con loro, accettando e sostenendo anche le loro relazioni extraconiugali.

Gli ultimi giorni di Goriot si consumeranno in una squallida pensione con la tiepida compagnia di figuri tristi e reietti. In particolare, papà Goriot verrà colto da un attacco apoplettico in seguito ad un litigio con le due figlie e si spegnerà, assistito fino alla morte da uno degli amanti delle figlie, tra delirio, tristezza e miseria.

http://questopiccolograndemondo.blogspot.it/2012/01/papa-goriot-capolavoro-del-realismo-di.html

Truffatorama: il personaggio di Vautrin in Papà Goriot di Honoré De Balzac

Se dovessimo selezionare una e solo una caratteristica d’eccellenza riguardante la scrittura di Honoré De Balzac (1799-1850) – una capacità unica e personale, invidiata dagli scrittori e ampiamente studiata dagli accademici – non ci sarebbe dubbio alcuno nello scegliere la sua incredibile capacità di realizzare personaggi a tutto tondo, figure credibili e naturalmente complesse. Tra esse è assai facile per il lettore essere attratto da quella del truffatore dalla battuta facile Vautrin che compare e ricompare più volte all’interno della monumentale Commedia Umana. Lo ritroviamo in Illusioni perdute (1843) e con il nome di Abbé Herrera nel seguito Splendori e miserie delle cortigiane ( 1847) ma soprattutto in Papà Goriot (1834) dove il lettore può fare conoscenza con i modi e le maniere dell’affabulazione comica del pericoloso truffatore e assassino.

In Papà Goriot Vautrin è uno degli abitanti della pensione Vaquer dove sono alloggiati i protagonisti principali: Goriot e il giovane Eugene Rastignac (anch’esso torna in più d’un romanzo della Commedia). Nessuno conosce la sua vera identità e tutti gli abitanti della pensione – in primis la spilorcia proprietaria, la signora Vaquer – pur domandandosi quali siano gli strani traffici che impegnano Vautrin anche la notte ne subiscono il fascino lasciandosi sedurre di risata in risata, di battuta in battuta, dall’infingardo delinquente diventato presto mattatore assoluto all’interno della piccola comunità della pensione. La vera natura di Vautrin si esplicherà solo nel dialogo educativo con l’amato Eugene (una delle caratteristiche che rendono ancora più complesso il personaggio di Vautrin è la sua omosessualità e il suo amore platonico nei confronti del giovane studente e coinquilino) e soprattutto nella cinica apologia sulle convenzioni sociali come strumenti per la scalata economica e la realizzazione dei propri obbiettivi, sull’ambizione, sulla futilità e pericolosità dell’amore. Vautrin vuole iniziare il suo giovane pupillo alla truffa, al sotterfugio, persino al delitto, fa finalmente luce sul suo pensiero lontano dall’attitudine camp e dall’atteggiamento sciovinista utilizzato con gli altri coinquilini della pensione.

Rastignac è il suo tallone d’Achille ma non sarà questo a portarlo alla rovina: le forze di polizia sono sulle sue tracce e grazie a un espediente – decisamente teatrale – elaborato per mano di due coinquilini della pensione – Poiert e la signora Michonneau – sarà possibile effettuare la cattura di Trompe-la-mort (detto così per la capacità di sfuggire continuamente alla nera mietitrice) ma in un ribaltamento ilare e assai straniante la comunità della pensione Vaquer piuttosto che congratularsi con la Michonneau e con Poiret per il coraggio e il senso civico dimostrati si scaglieranno contro di loro chiedendone l’immediata espulsione dalla pensione. L’ostracizzazione (anch’essa assai teatrale e tutta da gustare) della Michonneau e l’immediata riabilitazione di Vautrin (gli abitanti della pensione continueranno a chiamarlo col suo falso nome) attraverso il chiacchiericcio da salotto ben rappresentano la pericolosità di certe capacità affabulatorie e della comicità (non ironia) come strumento solo apparentemente escapistico in realtà pericolosa e silente arma di controllo delle opinioni e degli intenti altrui.

http://milanoromatrani.wordpress.com/2010/07/17/truffatorama-il-personaggio-di-vautrin-in-papa-goriot-di-honore-de-balzac/

«Quando era bel tempo, mi concedevo una passeggiata sul corso Bourdon. Una sola passione mi distraeva dalle mie abitudini di studioso; ma non era anch’essa uno studio? Osservavo i costumi del sobborgo, i suoi abitanti e i loro caratteri. Vestito alla peggio come un operaio, indifferente al decoro, non suscitavo diffidenze; potevo unirmi ai loro gruppi, assistere ai loro contratti, alle loro discussioni di dopo il lavoro. L’osservazione in me era già divenuta intuitiva, penetrava nell’anima senza trascurare il corpo; o piuttosto coglieva così bene i particolari esteriori, che procedeva subito oltre; mi rendeva capace di vivere la vita dell’individuo su cui si esercitava, permettendomi di sostituirmi a lui come il dervish delle Mille e una Notte assumeva il corpo e l’anima delle persone su cui pronunziava certe parole.

Quando tra le undici e mezzanotte, incontravo un operaio che tornava colla moglie dall’Ambigu-Comique, mi divertivo a seguirli dal corso del Ponte dei Cavoli fino al corso Beaumarchais. Parlavano della commedia che avevano vista; da un discorso all’altro, arrivavano alle loro faccende; la madre tirava per mano il figlio, senza dar retta ai suoi lamenti e alle sue domande; contavano il denaro che dovevano riscuotere il giorno dopo, lo spendevano in venti modi differenti. Ed erano allora particolari di vita domestica, lamentele sul prezzo troppo alto delle patate, o sulla lunghezza dell’inverno e il rincaro delle formelle, rimproveri energici sul debito col fornaio; e poi discussioni che via via si inasprivano, e in cui ciascuno rivelava con espressioni pittoresche il suo carattere. Ascoltandoli, aderivo alla loro vita, mi sentivo quasi addosso i loro cenci, e camminavo coi piedi nelle loro scarpe rotte; i loro desideri, i loro bisogni, tutto passava in me, e io in loro. Un sogno ad occhi aperti. Me la prendevo anch’io coi capi-officina tirannici, e coi cattivi clienti che li facevano andare e venire senza pagarli. Dimenticare le mie abitudini, diventare per mezzo delle facoltà morali un altro personaggio, e poter ripetere il gioco a volontà, era la mia distrazione.

 

La copertina di una edizione di “Eugenie Grandet”, uno dei massimi capolavori di Balzac

A che cosa debbo tale dono? È una secondo vista? O una di quelle qualità il cui abuso potrebbe portare alla demenza? Non ho mai ricercate le cause di tali facoltà: la posseggo e me ne servo, ecco tutto. Vi dirò soltanto, che fin d’allora, avevo decomposto gli elementi della massa eterogenea che si chiama popolo, che l’avevo analizzata in modo da poterne valutare i pregi e i difetti. Sapevo già di quale sarebbe potuto essere quel sobborgo, vero vivaio di rivoluzioni, che contiene eroi, inventori, uomini ricchi di scienza pratica, bricconi, scellerati, virtù e vizi, tutti compressi dalla miseria, soffocati dalla necessità, annegati nel vino, logorati dai liquori. Non potreste immaginare quante avventure sciupate, quanti drammi dimenticati in quella città dolente. Quante cose orribili e quante belle! L’immaginazione non raggiungerà mai il vero che vi si nasconde e che nessuno può andare a scoprire; bisogna scendere troppo in basso per trovare le ammirevoli scene tragiche o comiche che sono i capolavori del caso».
Honoré de Balzac, “Facino Cane”

http://ilmestierediscrivere.wordpress.com/2012/01/30/honore-de-balzac-sulla-capacita-di-osservazione/




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