Russia 1917: le “giornate di luglio” : LE DUE VERSIONI

1917: la rivoluzione russa. Le “giornate di luglio”: il ruolo indispensabile del partito

Corrente Comunista Internazionale

Proletari di tutti i paesi, unitevi!

Le giornate del luglio 1917 costituiscono uno dei momenti più importanti non solo della rivoluzione russa ma di tutta la storia del movimento operaio. Essenzialmente nello spazio di tre giorni, dal 3 al 5 luglio, si sviluppa uno dei più importanti scontri fra borghesia e proletariato che, benché sia terminato con la sconfitta della classe operaia, aprirà la via alla presa del potere nell’ottobre ‘17. Il 3 luglio, gli operai e i soldati di Pietrogrado si sollevano massicciamente e spontaneamente esigendo che tutto il potere passi ai consigli operai, ai Soviet. Il 4 luglio, una manifestazione armata di mezzo milione di partecipanti stringe d’assedio la direzione del soviet di Pietrogrado chiamandolo a prendere il potere ma, rispondendo all’appello dei bolscevichi, la sera si disperde pacificamente. Il 5 luglio, le truppe controrivoluzionarie riprendono la capitale della Russia, dando la caccia ai bolscevichi e reprimendo gli operai più combattivi. Tuttavia, evitando una lotta prematura per il potere, l’insieme del proletariato manterrà le sue forze rivoluzionarie intatte. E’ questo che permetterà alla classe operaia di trarre le elezioni essenziali da questi avvenimenti, in particolare la comprensione del carattere controrivoluzionario della democrazia borghese e della nuova sinistra capitalista: i mensceviche e i socialrivoluzionari che hanno tradito la causa dei lavoratori e dei contadini poveri e sono passati nel campo nemico. In nessun altro momento della rivoluzione russa è stato così acuto il pericolo di una disfatta decisiva del proletariato e della liquidazione del partito bolscevico come durante queste 72 drammatiche ore. In nessun altro momento è stata così importante la fiducia profonda dei battaglioni più avanzati del proletariato nel loro partito di classe, nell’avanguardia comunista.

80 anni più tardi, di fronte alle menzogne della borghesia sulla “morte del comunismo“, in particolare di fronte alla denigrazione della rivoluzione russa e del bolscevismo, una delle principali responsabilità delle organizzazioni rivoluzionarie è quella di trarre le vere lezioni delle giornate di luglio e dell’insieme della rivoluzione proletaria. Secondo le menzogne della borghesia, la rivoluzione russa è stata una lotta “popolare” per una repubblica parlamentare borghese; la Russia era “il paese più libero del mondo” fino a che i bolscevichi “inventandosi” la parola d’ordine “demagogica” di “tutto il potere ai soviet“, impongono con un putsch la loro “dittatura barbara sulla grande maggioranza della popolazione lavoratrice“. Tuttavia, anche un breve colpo d’occhio obiettivo agli avvenimenti del luglio 1917 mostra chiaramente che i bolscevichi sono dalla parte della classe operaia e che la democrazia borghese è dalla parte della barbarie, del putschismo e della dittatura di una piccola minoranza sulla popolazione lavoratrice.

Una provocazione cinica della borghesia e una trappola per i bolscevichi

Le giornate di luglio 1917 sono anzitutto una provocazione della borghesia preparata allo scopo di decapitare il proletariato schiacciando la rivoluzione a Pietrogrado ed eliminando il partito bolscevico, e questo prima che il processo rivoluzionario nell’insieme della Russia fosse maturo per la presa del potere da parte dei lavoratori.

Il sollevamento rivoluzionario del febbraio 1917, che ha comportato la sostituzione dello zar con un governo provvisorio “democratico borghese” e, di fronte a quest’ultimo, la creazione di consigli operai (soviet), veri centri del potere proletario, è stato fin dall’inizio il prodotto della lotta degli operai contro la guerra imperialista iniziata nel 1914. Ma il governo provvisorio, così come i partiti maggioritari nei soviet, i menscevichi e i socialrivoluzionari (SR), si impegnano a continuare la guerra contro la volontà del proletariato, a proseguire il programma imperialista di brigantaggio del capitale russo. In questo modo viene conferita, non soltanto in Russia ma anche in tutti i paesi dell’Intesa (la coalizione contro la Germania), una nuova legittimità pseudorivoluzionaria alla guerra, cioè al più grande crimine della storia dell’umanità. Fra il febbraio e il luglio 1917 parecchi milioni di soldati – il fiore della classe operaia internazionale – sono stati uccisi e mutilati al fine di stabilire chi, fra i principali gangster imperialisti, avrebbe dovuto dominare il mondo. Sebbene molti operai russi avessero creduto, all’inizio, alle menzogne dei nuovi dirigenti secondo le quali era necessario continuare la guerra “per ottenere una volta per tutte una pace giusta senza annessioni“, menzogna che veniva dalla bocca stessa di coloro che si pretendevano “democratici” e “socialisti“, nel giugno del 1917 il proletariato rilancia la lotta rivoluzionaria contro la carneficina imperialista con energia raddoppiata. Durante l’enorme manifestazione del 18 giugno a Pietrogrado, le parole d’ordine internazionaliste dei bolscevichi per la prima volta sono maggioritarie. All’inizio di luglio la più grande e sanguinosa offensiva militare russa  dopo il “trionfo della democrazia” termina con un fiasco, con l’esercito tedesco che sfonda in diversi punti. E’ il momento più critico per il militarismo russo dall’inizio della “Grande Guerra“. Mentre le notizie dell’insuccesso dell’offensiva raggiungevano la capitale, attizzando il fuoco rivoluzionario, non erano ancora giunte nel resto di questo paese gigantesco. Per fare fronte a questa situazione molto tesa, si fa strada l’idea di provocare una rivolta prematura a Pietrogrado, di schiacciarvi gli operai e i bolscevichi, quindi di addossare la responsabilità dell’insuccesso dell’offensiva militare al proletariato della capitale che avrebbe dato un “colpo di pugnale nella schiena” a coloro che erano al fronte.

La situazione obiettiva non è, tuttavia, ancora favorevole alla rivolta. Benché i principali settori operai di Pietrogrado siano avanti sugli orientamenti dei bolscevichi, i menscevichi e gli SR hanno ancora una posizione maggioritaria nei soviet e sono preponderanti nelle province. Nell’insieme della classe operaia, anche a Pietrogrado, esistono ancora forti illusioni sulla capacità dei menscevichi e degli SR di servire la causa della rivoluzione. Nonostante la radicalizzazione dei soldati, che sono in maggioranza contadini in uniforme, un gran numero di reggimenti importanti sono ancora leali al governo provvisorio. Le forze della controrivoluzione, dopo una fase di disorientamento e di disorganizzazione seguita alla “rivoluzione di febbraio“, si sono completamente ricostituite. Inoltre la borghesia ha una carta nella manica: documenti e testimonianze false tendenti a provare che i bolscevichi sono agenti pagati dal Kaiser.

Questo piano rappresenta perciò anzitutto una trappola, un dilemma per il partito bolscevico. Se infatti il partito si mette alla testa di un’insurrezione prematura nella capitale, si discredita di fronte al proletariato russo apparendo come il responsabile di un’avventura politica irresponsabile e, agli occhi dei settori arretrati, come supporto dell’imperialismo tedesco. Ma se non solidarizza con il movimento di massa, si isola pericolosamente dalla classe abbandonando gli operai alla loro sorte. La borghesia spera che, qualsiasi cosa faccia il partito, la sua decisione lo porti allo scacco.

La cricca dei controrivoluzionari, Centoneri, antisemiti, organizzati dalle “democrazie” occidentali

A sentire la propaganda borghese attuale si direbbe che le forze antibolsceviche dell’epoca fossero dei gentili democratici difensori della “libertà dei popoli”. Queste forze erano dirette dai Cadetti, il partito della grande industria e dei grandi proprietari terrieri, dal Comitato degli ufficiali che rappresentavano circa 100.000 ufficiali che stavano preparando un putsch militare, dal preteso “soviet” delle truppe controrivoluzionarie cosacche, dalla polizia segreta, dalla mafia antisemita dei “Centoneri” ecc., “ecco l’ambiente dove si crea l’atmosfera dei pogrom, dove nascono i tentativi di pogrom, da cui partono i colpi d’arma da fuoco contro i manifestanti” come scrive Lenin (1).

La provocazione di luglio è un colpo portato alla rivoluzione mondiale in ascesa non soltanto dalla borghesia russa ma anche dalla borghesia mondiale attraverso l’azione dei governi alleati alla Russia. In questo tentativo che cerca di annegare nel sangue una rivoluzione non ancora matura, si può vedere la mano delle vecchie borghesie democratiche: quella francese con la sua vecchia tradizione sanguinaria caratteristica di queste provocazioni (1791, 1848, 1870) e quella inglese con la sua insuperabile esperienza e intelligenza politica. Di fronte alle difficoltà crescenti della borghesia russa a combattere in maniera efficace la rivoluzione e a mantenere lo sforzo di guerra, gli alleati occidentali della Russia costituiscono, dal primo momento, la principale forza non solo per finanziare il fronte militare russo ma anche per consigliare e rafforzare le forze controrivoluzionarie in Russia. Il Comitato Provvisorio della Duma di Stato (il parlamento) “copriva legalmente l’attività controrivoluzionaria finanziata largamente dalle banche e dalle ambasciate dell’Intesa“, come ricorda Trotsky (2).

Pietrogrado era un formicolio di organizzazioni segrete e semisegrete di ufficiali che godevano di un alto appannaggio e di generosi appoggi. In una informazione confidenziale che dava il menscevico Liber circa un mese prima delle Giornate di Luglio, era stato notato che ufficiali cospiratori avevano le loro aderenze presso Buchanan. E, in effetti, i diplomatici dell’Intesa non potevano proprio preoccuparsi di una instaurazione più rapida possibile di un potere forte.” (3)

Quindi non sono i bolscevichi, ma la borghesia che si è alleata ai governi stranieri contro il proletariato russo.

Le provocazioni politiche della borghesia assetata di sangue

All’inizio di luglio tre incidenti preparati dalla borghesia sono sufficienti a dare il via a una rivolta nella capitale.

Quattro ministri del partito Cadetto danno le dimissioni dal governo

Nella misura in cui i menscevichi e gli SR avevano giustificato fino a quel momento il loro rifiuto della parola d’ordine “tutto il potere ai soviet” con la necessità di collaborare con i rappresentanti della “borghesia democratica”, che sono i Cadetti, le dimissioni di questi ultimi dalla coalizione ha chiaramente il fine di provocare fra gli operai e i soldati un rilancio della rivendicazione del potere immediato ai soviet.

Supporre che i Cadetti non potessero prevedere le ripercussioni del loro atto di sabotaggio dichiarato rispetto ai soviet, sarebbe sottovalutare risolutamente Miliukov. Il leader del liberalismo evidentemente si sforzava di spingere i conciliatori in una situazione critica che non avrebbe avuto via d’uscita se non con le baionette: in quei giorni credeva fermamente che, con un audace salasso, si poteva salvare la situazione.” (2)

La pressione dell’Intesa sul governo provvisorio

Questa pressione mira a obbligare quest’ultimo o ad affrontare la rivoluzione con le armi o ad essere abbandonato dagli alleati.

I fili erano nelle mani delle ambasciate e dei governi dell’Intesa. Alla conferenza tra gli alleati che si aprì a Londra, gli amici dell’Occidente “dimenticarono” di invitare l’ambasciatore di Russia; (…) Questo insulto inflitto all’ambasciatore del governo provvisorio e le dimissioni dimostrative dei cadetti avvennero il 2 luglio: i due avvenimenti avevano un solo e identico fine: obbligare i conciliatori ad abbassare la bandiera.” (2)

I partiti menscevico e SR tendono a raggiungere il campo della borghesia. La loro mancanza di esperienza di governo, le loro esitazioni ed oscillazioni piccolo-borghesi, ma anche l’esistenza nei loro ranghi di certe posizioni internazionaliste proletarie, fanno sì che essi non siano implicati direttamente nel complotto controrivoluzionario. Essi, però, sono manipolati per giocare il ruolo che è stato loro assegnato dai loro padroni dirigenti borghesi.

La minaccia di inviare al fronte i reggimenti della capitale

Nei fatti, l’esplosione della lotta di classe in risposta a queste provocazioni è iniziata non dagli operai, ma dai soldati e sostenuta non dai bolscevichi ma dagli anarchici.

I soldati erano in genere più impazienti degli operai; anzitutto perché erano sotto la minaccia diretta di invio al fronte, poi perché avevano molta più difficoltà ad assimilare i criteri della strategia politica. Inoltre, ciascuno di essi aveva un fucile in mano e, dopo il Febbraio, il soldato era incline a sovrastimare il potere specifico di quest’arma.” (2)

I soldati tentano immediatamente di guadagnare gli operai alla loro azione. Alle fabbriche Putilov, la più grande concentrazione di operai in Russia, ottengono un successo decisivo:

Circa diecimila operai si raccolsero davanti ai locali dell’amministrazione. Acclamati, i mitraglieri raccontarono che avevano ricevuto l’ordine di partire il 4 luglio per il fronte, ma che avevano deciso “di ‘marciare non verso il fronte tedesco, contro il proletariato tedesco, ma proprio contro i propri ministri capitalisti”. Gli animi si scaldarono. “Avanti! Avanti!” gridarono gli operai.” (2)

In alcune ore, il proletariato di tutta la città si solleva, si arma e si raccoglie attorno alla parola d’ordine “tutto il potere ai soviet”, la parola d’ordine delle masse stesse.

I bolscevichi evitano la trappola

Il pomeriggio del 3 luglio i delegati del reggimento dei mitraglieri arrivano a conquistare il sostegno della conferenza locale dei bolscevichi e sono shockati nell’apprendere che il partito si è pronunciato contro l’azione. Gli argomenti forniti dal partito – secondo i quali la borghesia vuole provocare il proletariato di Pietrogrado per addossargli la responsabilità di un fiasco al fronte, che la situazione non è matura per l’insurrezione armata e che il migliore momento per un’ampia azione arriverà quando lo sfondamento del fronte sarà conosciuto da tutti – mostra che i bolscevichi hanno immediatamente colto il significato e il pericolo degli avvenimenti. Fin dalla manifestazione del 18 giugno, i bolscevichi mettono pubblicamente in guardia gli operai contro un’azione prematura.

Gli storici borghesi riconoscono la notevole intelligenza politica del partito in quel momento. In effetti il partito bolscevico è convinto che è fondamentale studiare la natura, la strategia e la tattica della classe nemica per essere in grado di rispondere di intervenire correttamente in ciascun momento. Esso è impregnato della comprensione marxista che la presa del potere rivoluzionario è una sorta di arte o scienza, che un’insurrezione inopportuna è tanto fatale quanto l’insuccesso di una presa di potere assunta al momento buono.

Ma per quanto corretta potesse essere l’analisi del partito, restare a quel punto significava cadere nella trappola della borghesia. Il primo tornante decisivo durante le giornate di luglio arriva la notte stessa, quando il Comitato Centrale del partito e quello di Pietrogrado decidono di appoggiare il movimento e di porsi alla sua testa, ma con lo scopo di assicurarsene il “carattere pacifico e organizzato”. Contrariamente agli avvenimenti spontanei e caotici del giorno precedente, le manifestazioni gigantesche del 4 luglio mostrano “la mano organizzatrice del partito“. I bolscevichi sanno che l’obiettivo che le masse si sono date, cioè obbligare la direzione menscevica e SR del soviet a prendere il potere in nome dei consigli operai, è una cosa impossibile. I menscevichi e gli SR, presentati oggi come dei veri difensori della democrazia sovietica, stanno già raggiungendo la controrivoluzione e attendono l’occasione di finirla con i consigli operai. La difficoltà di questa situazione, rappresentata da una coscienza ancora insufficiente delle masse proletarie, si concretizza attraverso il famoso aneddoto di quell’operaio inviperito che agita il pugno sotto il naso di un ministro “rivoluzionario” gridandogli:  “Prendi il potere, figlio di puttana, perché te lo stiamo dando!”. In realtà i ministri e i capi incapaci dei soviet fanno delle finte fino a che arriveranno i reggimenti leali al governo.

Al tempo stesso, gli operai capiscono le difficoltà che vi sono a trasferire tutto il potere ai soviet e questo fino a che i traditori e gli adepti del compromesso vi mantengono la loro influenza. Poiché la classe non ha ancora trovato il metodo per trasformare il soviet dall’interno, tenta invano di imporgli la sua volontà dall’esterno.

Il secondo tornante decisivo si produce quando Zinovev, a nome dei bolscevichi, si rivolge a diecine di migliaia di operai delle Putilov e di altre fabbriche la sera del 4 luglio, giorno di grandi manifestazioni; egli inizia il discorso con tono di pacatezza per distendere l’atmosfera e finisce invitando gli operai a tornare a casa pacificamente: cosa che gli operai fanno. L’ora della rivoluzione non è ancora arrivata, ma arriverà. La vecchia verità di Lenin non è mai stata così provata in maniera spettacolare: la pazienza e lo humour sono qualità indispensabili ai rivoluzionari. La capacità dei bolscevichi di evitare al proletariato di cadere nella trappola della borghesia non è dovuta solo alla loro intelligenza politica. Ciò che è decisivo è la profonda fiducia del partito nel proletariato e nel marxismo, che gli permette di basarsi sulla forza che questo rappresenta per il futuro dell’umanità e sul suo metodo, e di premunirsi così dall’impazienza piccolo-borghese. Ciò che è decisivo è la profonda fiducia che gli operai russi sviluppano nel loro partito di classe, cosa che permette a questo di intervenire e di assumere un ruolo di direzione benché sia chiaro per tutti che esso non condivide né le loro illusioni, né i loro scopi immediati. Così la borghesia fallisce nel suo tentativo di piazzare un cuneo fra il partito e la classe, un cuneo che avrebbe significato la disfatta certa della rivoluzione.

Dovere assoluto del partito era quello di restare con le masse e di tentare di dare alle azioni di queste masse il massimo possibile di carattere pacifico ed organizzato e di non lavarsene le mani alla Ponzio Pilato per la ragione meschina che le masse non erano organizzate fino all’ultimo uomo e che vi erano degli eccessi nel suo movimento”. (4)

I pogrom e le calunnie della controrivoluzione

Dal mattino del 5 luglio le truppe governative cominciano ad arrivare nella capitale. Iniziano la caccia ai bolscevichi, privandoli dei loro pochi mezzi di propaganda, disarmano e terrorizzano gli operai e incitano ai pogrom contro gli ebrei. I “salvatori della civiltà” contro la “barbarie bolscevica” fanno ricorso a due provocazioni principali per mobilitare le truppe contro gli operai.

La campagna di menzogne secondo la quale i bolscevichi sarebbero stati agenti tedeschi

I soldati restavano, mesti, chiusi nelle loro caserme in attesa. Soltanto nel pomeriggio del 4 luglio le autorità scoprirono, infine, un potente mezzo d’azione: mostrare agli uomini del reggimento Preobrazenskij dei documenti che provavano come due più due fanno quattro, cioè che Lenin era una spia della Germania. La cosa riuscì. La notizia si sparse nel reggimento (…) L’opinione  dei battaglioni neutrali fu bruscamente modificata” (2) In particolare è un parassita politico di nome Alexinskij – un bolscevico rinnegato che, in passato, aveva tentato senza successo di formare una opposizione di “ultrasinistra” contro Lenin e che in seguito è diventato un nemico dichiarato dei partiti operai – che viene utilizzato in questa campagna. Ne risulta che Lenin ed altri dirigenti bolscevichi sono obbligati a nascondersi mentre Trockij e altri sono arrestati. “Ciò che serve al potere non è un processo, è la persecuzione degli internazionalisti. Catturarli e tenerli sotto chiave, ecco ciò che occorre al sig. Kerenski e consorti” (5).

Da allora la borghesia non è cambiata. 80 anni dopo, essa conduce una campagna simile, con la stessa logica, contro la Sinistra Comunista. Nel luglio ’17 essa tenta di far credere che i bolscevichi dovevano essere con i tedeschi poiché rifiutavano di  sostenere l’Intesa! Oggi tenta di accreditare l’idea secondo cui se la Sinistra Comunista rifiuta di sostenere il campo imperialista antifascista nella II guerra mondiale è perché essa e i suoi attuali successori sono dalla parte dei nazisti. Queste campagne lanciate dagli stati “democratici” hanno lo scopo di preparare dei pogrom futuri.

Oggi i rivoluzionari che tendono a sottovalutare il significato di simili campagne contro di loro, devono imparare ancora molto dall’esperienza dei bolscevichi che, dopo le giornate di luglio, hanno mosso mari e monti per difendere la loro reputazione in seno alla classe operaia. Trockij definisce il luglio 1917 “il mese della più gigantesca calunnia della storia dell’umanità”; ma questa è ben poca cosa rispetto a quella di oggi secondo cui il comunismo e lo stalinismo sono la stessa cosa.

Un’altra maniera per attaccare la reputazione dei rivoluzionari, tanto vecchia quanto il metodo della denigrazione pubblica e utilizzata spesso assieme a questa, è l’utilizzazione da parte dello Stato di elementi non proletari e anche antiproletari che cercano di presentarsi come rivoluzionari.

La provocazione gioca indubbiamente un certo ruolo negli avvenimenti del fronte come nelle strade di Pietrogrado. Dopo l’insurrezione di febbraio, il governo aveva gettato sulla linea di fuoco un gran numero di anziani gendarmi e di guardie cittadine. Nessuno di loro, beninteso, aveva voglia di combattere. Essi avevano più paura dei soldati russi che di quelli tedeschi. Per far dimenticare il loro passato, essi abbracciavano le opinioni più estremiste dell’esercito, istigavano di soppiatto i soldati contro gli ufficiali, inveivano contro la disciplina e l’offensiva e, frequentemente, si spacciavano per dei bolscevichi. Sviluppando tra di loro un naturale legame di complicità, essi costituivano una originale consorteria di riluttanza e di vigliaccheria. Grazie a loro penetravano e si diffondevano rapidamente nelle truppe le dicerie più fantastiche, nelle quali  i termini ultrarivoluzionari si combinavano con lo spirito reazionario dei Centoneri. Nei momenti critici, questi individui erano i primi a dare i segni di panico. L’opera demoralizzatrice dei poliziotti e dei gendarmi fu, più di una volta, menzionata dalla stampa. Non meno sovente si trovano indicazioni di questo ordine nei documenti segreti dello stesso esercito. Ma l’alto comando manteneva il silenzio preferendo assimilare i provocatori Centoneri ai bolscevichi.” (6)

Tiratori isolati sparano sulle truppe che entrano in città e l’episodio viene attribuito ai bolscevichi

La follia calcolata di queste fucilate sconvolse profondamente gli operai. Era chiaro che dei provocatori sperimentati accoglievano i battaglioni con il piombo al fine di vaccinarli contro il bolscevismo. Gli operai facevano tutti i loro sforzi per spiegarlo ai soldati in arrivo, ma non li si lasciava avvicinare; per la prima volta, dalle giornate di febbraio, fra il soldato e l’operaio si piazzava lo junker o l’ufficiale” (2).

Obbligati a lavorare in semilegalità dopo le giornate di luglio, i bolscevichi devono combattere anche contro le illusioni democratiche di coloro che, nei loro ranghi, vogliono che i loro dirigenti si presentino davanti ai tribunali borghesi al fine di rispondere dell’accusa di essere agenti tedeschi. Riconoscendovi un’altra trappola per il partito, Lenin scrive: “Si tratta di una dittatura militare. Sarebbe dunque ridicolo ad un certo punto parlare di ‘giudizio’. Non si tratta di un “giudizio ma di un episodio di guerra civile” (5).

Ma se il partito sopravvive al periodo di repressione che segue le giornate di luglio, ciò è dovuto anche alla sua tradizione di vigilanza costante nella difesa dell’organizzazione contro tutti i tentativi dello Stato di distruggerla. Si può notare, per esempio, che l’agente dell’Ochrana, Malinovskij – che prima della guerra era arrivato ad essere un membro del Comitato Centrale del partito direttamente responsabile della sicurezza dell’organizzazione – avrebbe probabilmente avuto l’incarico di nascondere Lenin, Zinovev e gli altri dopo le giornate di luglio se non fosse stato smascherato prima (malgrado l’accecamento di Lenin stesso!). Senza una simile vigilanza, il risultato sarebbe stato probabilmente una liquidazione dei dirigenti più esperti del partito. Nel gennaio 1919, Luxemburg, Liebknecht, Jogisches e altri militanti del neonato KPD sono stati assassinati dalla borghesia tedesca e sembra che le autorità abbiano avuto informazioni da un agente di polizia di alto livello in seno al partito.

Bilancio delle “giornate di luglio”

Le giornate di luglio rivelano ancora una volta l’enorme energia rivoluzionaria del proletariato, la sua lotta contro la menzogna della democrazia borghese e il fatto che esso è il solo capace di agire contro la guerra imperialista nel periodo di decadenza del capitalismo. La scelta non è “democrazia o dittatura”, ma dittatura del proletariato o dittatura della borghesia, socialismo o barbarie; è l’alternativa alla quale è confrontata l’umanità e che si è posta durante le giornate di luglio. Ma ciò che le giornate di luglio illustrano soprattutto è il ruolo indispensabile del partito di classe del proletariato. Non è affatto strano che la borghesia “celebri” oggi l’80° anniversario della rivoluzione russa con una nuova campagna di calunnie contro l’attuale campo politico rivoluzionario. Luglio 1917 ha anche mostrato che superare le illusioni sui partiti ex-operai che hanno tradito e su quelli della sinistra del capitale è una cosa indispensabile se il proletariato vuole prendere il potere. E’ l’illusione principale che ha avuto la classe operaia durante le giornate di luglio. Ma questa esperienza ha chiarito definitivamente, non soltanto per la classe operaia e i bolscevichi, ma anche per i menscevichi e gli SR, che queste ultime organizzazioni erano irrevocabilmente passate alla controrivoluzione. Come scrive Lenin all’inizio settembre: “(…) in quel momento Pietrogrado non aveva potuto prendere il potere, nemmeno materialmente, e se materialmente l’avesse preso, non avrebbe potuto mantenerlo politicamente, Tseretelli e consorti non essendo ancora arrivati, nel loro percorso, al punto di sostenere un governo di boia. E’ per questo che la parola d’ordine della presa del potere sarebbe stata falsa in quel momento, il 3‑5 luglio 1917 a Pietrogrado. In quel momento i bolscevichi stessi non avevano e non potevano avere deciso scientemente di trattare Tseretelli e consorti come controrivoluzionari. In quel momento, né i soldati, né gli operai potevano avere l’esperienza fornita dal mese luglio.” (7)

Dalla metà di luglio Lenin tira chiaramente questa lezione: “Dopo il 4 luglio la borghesia controrivoluzionaria, marciando con i monarchici e i Centoneri, si è conquistata, in parte con l’intimidazione, i piccolo-borghesi socialisti-rivoluzionari e menscevichi e ha dato l’effettivo potere ai Cavaignac, alla cricca militare che fucila i recalcitranti sul fronte e massacra i bolscevichi a Pietrogrado. (8) Ma la lezione chiave del luglio 1917 è quella della direzione politica della classe da parte  del  partito. La borghesia impiega spesso la tattica di provocare degli scontri prematuri. Che sia nel 1848 e nel 1870 in Francia, nel 1919 e 1921 in Germania, in ogni caso il risultato è una repressione del proletariato nel sangue. Se la rivoluzione russa è il solo grande esempio in cui la classe operaia è stata capace di evitare una simile trappola e una sconfitta nel sangue nel sangue, è perché in buona parte il partito bolscevico è stato capace di svolgere il suo ruolo decisivo di avanguardia. Risparmiando alla classe una simile disfatta, i bolscevichi hanno messo in rilievo, contro l’interpretazione perversa degli opportunisti, le profonde lezioni rivoluzionarie tratte da Engels nella sua celebre introduzione del 1895 alle Lotte di classe in Francia di Marx, e particolarmente questa messa in guardia: “Non c’è che un mezzo che potrebbe contenere momentaneamente il continuo accrescimento delle forze combattenti socialiste in Germania e anche farle regredire per qualche tempo, è un grande urto con le truppe, un salasso come nel 1871 a Parigi.” (9)

Trockij riassume il bilancio dell’azione di partito come segue: “Se il partito bolscevico, mettendosi a giudicare dottrinariamente come ‘inopportuno’ il movimento di luglio, avesse girato le spalle alle masse, la semi-insurrezione sarebbe inevitabilmente caduta sotto la direzione dispersa e non concertata degli anarchici, di avventurieri, di interpreti occasionali dell’indignazione delle masse e avrebbe sparso tutto il suo sangue in sterili convulsioni. Ma anche se il partito, piazzandosi alla testa dei mitraglieri e degli operai delle Putilov, avesse rinunciato al suo giudizio sulla situazione d’insieme e fosse scivolato sulla via di combattimenti decisivi, l’insurrezione avrebbe preso indubbiamente un’ampiezza audace, gli operai e i soldati, sotto la direzione dei bolscevichi, si sarebbero impadroniti del potere, tuttavia solo per preparare l’affondamento della rivoluzione. La questione del potere su scala nazionale non sarebbe stata, come a febbraio, risolta dalla vittoria a Pietrogrado. La provincia non avrebbe seguito la capitale. Il fronte non avrebbe compreso e non avrebbe accettato il cambiamento di regime. Le ferrovie e il telegrafo sarebbero serviti ai conciliatori contro i bolscevichi. Kerenskij e il Grande Quartiere Generale avrebbero creato un potere per il fronte e la provincia. Pietrogrado sarebbe rimasta isolata. Al suo interno sarebbe cominciata una disintegrazione. Il governo avrebbe avuto la possibilità di lanciare su Pietrogrado masse considerevoli di soldati. L’insurrezione sarebbe finita, in queste condizioni, in una tragedia di una Comune di Pietrogrado. In luglio, alla biforcazione delle vie storiche, solo l’intervento del partito dei bolscevichi elimina le due varianti di un pericolo fatale: sia quello del genere delle giornate del giugno 1848, sia quello del genere della Comune di Parigi del 1871. E’ prendendo coraggiosamente la testa del movimento che il partito ha ottenuto la possibilità di arrestare le masse nel momento in cui la manifestazione cominciava a trasformarsi in un intervento generale di forze armate. Il colpo portato in luglio alle masse e al partito fu molto grave. Ma questo colpo non fu decisivo. Si contarono le vittime a diecine, ma non a diecine di migliaia. La classe operaia uscì dalla prova non decapitata e non dissanguata. Essa conservò integralmente i suoi quadri di lotta, e questi quadri avevano appreso molto.” (2)

La storia dà ragione a Lenin quando scrive: “Una nuova fase inizia. La vittoria della controrivoluzione dà il via al chiarimento in seno alle masse sulla natura dei partiti socialista-rivoluzionario e menscevico e apre la via allo spostamento di queste alla politica che sostiene il proletariato rivoluzionario.” (10)

http://it.internationalism.org/rint/21_luglio17

Russia 1917: le “giornate di luglio”

Il tentativo del Governo provvisorio di ingrossare le fila dell’esercito al fronte con truppe maggiormente fedeli per eliminare gradualmente i soldati che avevano partecipato alla Rivoluzione di febbraio non va a buon fine. Immediatamente i soldati di stanza a Pietrogrado, i più probabili ad essere destinati al fornte, si accorgono dell’inganno ed insorgono contro il Governo.

Altri due eventi contribuiscono allo stesso tempo ad esasperare ulteriormente l’animo degli operai e dei soldati:

le dimissioni dal governo di quattro ministri del partito Cadetto, che vanificano il tentativo di collaborare con i rappresentanti della “borghesia democratica”, tanto decantato da Socialisti rivoluzionari e Menscevichi e, di fatto, l’unica garanzia offerta da questi ultimi nei confronti del proletariato;

la pressione dell’Intesa sul Governo affinché risolva la rivoluzione con l’utilizzo delle armi, pena la perdita dell’alleanza.

Il 3 luglio i soldati della capitale tentano di coinvolgere gli operai nella loro lotta, e alle officine Putilov ottengono l’adesione di oltre diecimila operai, riuniti attorno alle parole d’ordine “tutto il potere ai Soviet”, già scandite durante l’imponente manifestazione di giugno.
Subito si forma un corteo di protesta che si reca alla sede del Partito bolscevico chiedendo l’abbattimento del Governo provvisorio.

Il Partito si mostra titubante all’idea di un’insurrezione, adducendo come motivazione un piano della borghesia atto provocare e indebolire il proletariato addossandogli la responsabilità di un fiasco al fronte. Nonostante ciò, quella stessa notte il Comitato Centrale del partito e quello di Pietrogrado decidono di appoggiare il movimento e di porsi alla sua testa, ma con lo scopo di assicurarsene il “carattere pacifico e organizzato”, dopo aver concluso che la fase rivoluzionaria è troppo delicata per lasciare il proletariato “orfano” di una guida politica.

Il 4 luglio è una giornata caratterizzata da manifestazioni oceaniche cariche di rabbia, che si concludono con duri scontri di piazza e spari dell’esercito sui manifestanti. Le valutazioni dei bolscevichi rispetto alla giornata sono chiare e vengono esternate la sera del 4 da Zinovev, durante l’assemblea degli operai; gli ordini sono di tornare pacificamente a casa e attendere l’ora della rivoluzione, evidentemente non destinata a scoccare in quei giorni. Gli operai obbediscono.

Il 5 luglio inizia la caccia ai bolscevichi, accusati di essere agenti tedeschi infiltrati, che si trasforma presto in un operazione atta a disarmare e spaventare gli operai, distruggere i mezzi di propaganda antigovernativa e incitare pogrom contro gli ebrei russi.
La repressione è spietata e vuole destabilizzare in maniera definitiva l’effettivo potere del Partito bolscevico sulle masse popolari; tiratori isolati sparano sulle truppe che entrano in città spacciandosi per bolscevichi, le forze di polizia si operano per alimentare il panico nella popolazione e terrorizzare i lavoratori, mentre il Partito bolscevico viene praticamente messo fuori legge e i suoi militanti arrestati o costretti alla fuga.

Lenin viene accusato direttamente da Kerenskij, capo del Governo provvisorio, di aver preso soldi dall’imperatore tedesco per finanziare un colpo di stato bolscevico in Russia, e di conseguenza, il ritiro delle truppe russe dalla guerra, trovandosi così costretto a riparare a Helsinki, in Finlandia.
Proprio lì il 18 luglio, in reazione al tentativo di golpe bolscevico in Russia, il Parlamento finlandese approva una legge (valtalaki) per assumersi il compito di supremo organo di governo sul territorio del Granducato di Finlandia. La legge, dopo molte esitazioni, viene inviata per essere approvata al governo provvisorio russo, che non solo non concede il suo beneplacito, ma scioglie il Parlamento

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