FISCAL COMPACT: STATI UNITI D’EUROPA …NELLA DEPRESSIONE!

Denaro : Manoscritti economico-filosofici del 1844, The Power Of Money: Karl Marx

http://www.controappuntoblog.org/2012/05/04/denaro-manoscritti-economico-filosofici-del-1844-the-power-of-money-karl-marx/

Rosa Luxemburg : i limiti dell’espansione del capitalismo

 

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ED ALTRO IN TAG MARX E C.

FISCAL COMPACT: STATI UNITI D’EUROPA …NELLA DEPRESSIONE!

Scritto il 20 luglio 2012 alle 17:25

In un ASSORDANTE silenzio generale esulta il ministro per gli affari europei Moavero questa è una data storica per il nostro Paese…si quella che ricorderà la nascita degli Stati Uniti d’Europa nella miseria!

Alzi la mano chi crede veramente che verrà rispettato l’obbligo di rientrare nel 60 % di indebitamento nei confronti del PIL in venti anni di sacrifici per le generazioni future.

La Germania e la Francia ma soprattutto la prima che voleva mani libere per uscire dalla profonda crisi seguita alla riunificazione  fecero carta straccia del famigerato patto di Stabilità!

Quando verrà il momento ci ricorderemo di loro e delle loro promesse da mercante!

ROMA – Via libera definitivo della Camera al disegno di legge di ratifica del Trattato di stabilità sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria, il cosiddetto”fiscal compact”. Il provvedimento è stato approvato con 368 voti favorevoli, 65 contrari e 65 astenuti.

Il trattato è stato siglato nel marzo scorso da 25 Stati della Ue. Non lo hanno sottoscritto Gran Bretagna e Repubblica Ceca. E’ un accordo di diritto internazionale, che non rientra nel quadro giuridico del Trattato di Lisbona e quindi non fa parte del diritto comunitario. L’accordo riprende le norme del Six-pack, il nuovo Patto di stabilità e crescita, coordinandosi con esse. Il fiscal compact impone di introdurre inc sostituzione il principio del pareggio di bilancio e la correzione automatica in caso di sforamento. La convergenza verso gli obiettivi di medio termine potrà avere uno scostamento massimo per il deficit strutturale pari allo 0,5% del Pil, salvo in caso delle circostanze eccezionali normate nel Six-pack. Sono previsti meccanismi automatici di correzione in caso di deviazioni significative rispetto agli obiettivi di medio termine. Ribadita anche la regola della riduzione di un ventesimo l’anno del debito eccedente il 60% del Pil, salvo periodi di congiuntura particolarmente sfavorevole. Il trattato stabilisce che la Corte di giustizia potrà pronunciarsi su ricorsi per inadempienze nel recepimento della regola del pareggio di bilancio e potrà decidere sanzioni se le sentenze non fossero rispettate. (Il messaggero )

“Liquidare il lavoro, liquidare le azioni, liquidare gli agricoltori, liquidare l’immobiliare.” Questo fu, secondo Herbert Hoover, il consiglio che ricevette da Andrew Mellon, il ministro del Tesoro, mentre l’America affondava nella depressione.

«Per secoli l’astenersi dal contrarre prestiti aveva protetto la gente dalla negligenza e dalla temerarietà nell’amministrazione della cosa pubblica. I custodi dei pubblici averi negligenti o incauti avevano spesso elaborato complicati argomenti per dimostrare che il pareggio tra entrate e uscite non era segno di virtù. L’esperienza aveva invece dimostrato che, per quanto opportuna sembrasse tale idea al momento immediato, alla lunga intervenivano le difficoltà e il disastro. Quei semplici precetti di un mondo semplice non resistettero in mezzo alle crescenti complicazioni dei primi anni Trenta. La disoccupazione di massa, in particolare, aveva alterato le regole. Gli avvenimenti avevano giocato un pessimo tiro alla gente, ma quasi nessuno tentò di affrontare il problema in modo nuovo» (John Kenneth Galbraith).

Nel frattempo in Italia in parlamento i nostri rappresentanti che credevano che lo spread fosse un aperitivo e i cds un nuovo sistema di frenata controllata stanno per approvare la più demenziale delle discipline fiscali in piena depressione economica o debt deflazion condita con deleveraging!

Fiscal Compact e addirittura pareggio in bilancio nella Costituzione in piena depressione cosa buona e giusta che un manipolo di ignoranti approverà come bere uno spread!

Un pò come quei geni perversi che al Governo pensano di migliorare il PIL cambiando la leggenda metropolitana che vede gli italiani lavorare meno degli altri paesi leggenda più volte smontata facilmente con dati e cifre alla mano in passato.

«Oggi, nel silenzio generale è cambiato l’articolo 1 della nostra Costituzione – spiegava qualche ora fa a Montecitorio il capogruppo leghista Gianpaolo Dozzo – La sovranità non appartiene più al popolo, ma alla burocrazia europea, che per giunta la esercita nelle forme e nei limiti che essa stessa decide». Toni esagerati? Forse. Eppure colpisce il disinteresse di buona parte dei nostri parlamentari di fronte a un tema così importante. Al voto finale sul fiscal compact erano presenti 498 deputati (su 630). Solo 414 al successivo voto sul nuovo fondo salva Stati, il Meccanismo europeo di stabilità.

Curiosamente erano tra gli assenti anche Angelino Alfano, Pierluigi Bersani e Pier Ferdinando Casini.  Curiosamente erano tra gli assenti anche Angelino Alfano, Pierluigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. Curiosamente erano tra gli assenti anche Angelino Alfano, Pierluigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. ( l’eco è di mia iniziativa ndr )

I tre leader dei partiti che appoggiano il governo tecnico di Mario Monti. Tre convinti sostenitori del processo di integrazione europea.

In Aula il deputato Pdl Guido Crosetto avanza un dubbio forse non del tutto infondato. Il pensiero che qualcosa di non proprio irrilevante sia sfuggita all’attenzione del Paese. «In Germania – dice l’ex sottosegretario pochi istanti prima del voto – ne stanno discutendo da due mesi, interpellano la Corte Costituzionale. In Olanda e in Francia i giornali parlano del tema nelle prime pagine. In Italia non una pagina di giornale, non una notizia, un dibattito chiuso in due giorni, un ministro che dà quattro minuti per gruppo a tre commissioni riunite». La differenza con gli altri partner europei salta all’occhio. «Questo è un atto fondamentale – spiega Crosetto – negli ultimi 15 anni non ci sono stati atti di rilevanza approvati dalla Camere pari all’Esm e al fiscal compact». E ancora: «L’Italia, approvando questi trattati, sta rinunciando alla sovranità».

(…)  L’intervento di Crosetto induce a riflettere. «Qui stiamo discutendo di un impegno per vent’anni, che il prossimo anno vale quasi 50 miliardi di euro. Dove troveremo i 70 miliardi di euro (50 per il fiscal compact e 20 per l’Esm) il prossimo anno? Tutti noi capiremmo la necessità di definire con il direttore di banca il rientro da un debito che non riusciamo più a sopportare. Nessuno di noi accetterebbe, però, di delegare al direttore di banca il modo con cui rientrare, di dargli il potere di decidere di non dare più cibo ai nostri figli o di non fare più curare nostra moglie. Lo considereremmo, se fosse un impegno privato, una cosa inaccettabile».

Valutazioni giuste o sbagliate? Sicuramente meritevoli di un approfondimento. L’ex sottosegretario Crosetto spiega in Aula i motivi che non permetteranno all’Italia di rispettare l’impegno assunto oggi. Perché quando l’Italia aveva sottoscritto quell’accordo l’Europa «pensava di poter crescere al 3 per cento e con un’inflazione al 3 per cento». Il fiscal compact nasceva «con l’idea di recuperare macroeconomicamente l’impegno che veniva preso. Invece esso viene ribadito oggi, con un’Europa che pensa di non crescere il prossimo anno, con un’inflazione ferma e con una stagnazione in quasi tutti i Paesi».

L’Europa resta il nostro obiettivo. Difficile ipotizzare altre strade per l’Italia. Ma forse un trattato come quello ratificato oggi dal Parlamento, avrebbe potuto occupare un po’ più il dibattito pubblico. Nel suo piccolo, Crosetto – ma i suoi colleghi di partito che non hanno votato il fiscal compact sono stati un centinaio – è almeno riuscito a motivare il suo dissenso. «L’atto approvato oggi da questa Camera segnerà il futuro dei nostri figli: personalmente non penso di potermi prendere questa responsabilità».

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/fiscal-compact-approvato#ixzz218YTOVcN

Se continua cosi abbiamo solo una speranza.

O usciamo dall’euro e svalutiamo senza per questo necessariamente correre il rischio di chissà quale inflazione come la storia insegna o esce la Germania e poi la banca centrale europea si adegua alle dinamiche di tutte le banche centrali mondiali e acquista debito sovrano.

Ora se qualcuno tira troppo la corda non resta che ricordare agli italiani cosa disse nel 1993 il professor Monti a proposito dell’uscita dalla SME e sulla conseguente svaluztazione una piccola perla che ho condiviso con Voi tempo fa…

ROMA – Un anno dalla svalutazione: parla il rettore  della Bocconi, Mario Monti. Professore, provi a fare un bilancio  e a individuare cosa può accadere

. “Il 13 settembre 1992,  quando Amato annunciò la svalutazione in Tv, sembrava un  fatto essenzialmente italiano mentre in effetti è stato di  portata più generale. Questo può arrecare  consolazione.

Potremmo dire: “non siamo stati gli unici a  saltare, ma anzi siamo stati i primi a vedere la strada da  seguire”. … “non siamo stati gli unici a  saltare, ma anzi siamo stati i primi a vedere la strada da  seguire”. “non siamo stati gli unici a  saltare, ma anzi siamo stati i primi a vedere la strada da  seguire”. “non siamo stati gli unici a  saltare, ma anzi siamo stati i primi a vedere la strada da  seguire”. ire ire ire ire…

Contestualizzate quanto volete ma non è affascinante la storia!

Però può anche portare a considerazioni  più preoccupate su come altri paesi stanno cercando di  reagire alla crisi dello Sme e come noi stiamo cercando di  reagire”.

In che senso?

“Nel senso che vi è una tendenza  in Italia a considerare la svalutazione come uno degli elementi  positivi del nuovo panorama, anche da parte di coloro che fino al  13 settembre scorso si erano pronunciati a favore del  mantenimento del cambio. Io sono tra questi e perciò mi  sono chiesto ogni tanto in che cosa fosse giusta e in che  sbagliata la posizione che poi è stata smentita dai  fatti”.

 E che risposte si è dato?

“Un punto dove  certamente ho visto male riguarda le conseguenze  inflazionistiche”. Perché l’ inflazione è bassa…. La svalutazione ci ha fatto bene!

In tanti hanno visto male e continuano a vedere male in questa crisi!

Buon pareggio di bilancio a tutti e…non è finita, buona svendita e attenti all’oro della Banca d’Italia!

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http://icebergfinanza.finanza.com/2012/07/20/fiscal-compact-stati-uniti-deuropa-nella-depressione/

SPAGNA: LA GERMANIA HA UN FORTE INTERESSE…

SE E’ PER QUELLO PURE GLI USA, CINA….NO E’ CHE E’ PROPRIO DIFFICILE NON TROVARE CHI E’ CHE NON HA UN FORTE INTERESSE!

Vittoria (nome proprio…)

Se mai qualcuno crede veramente alla nuova leggenda metropolitana secondo la quale l’inedito “decoupling” della Germania dall’ Europa è possibile o magari al nuovo trend di fesserie su un euro a due velocità , dia un’occhiata alla seguente notizia …

Il Bundestag tedesco ha approvato gli aiuti a Madrid per rifinanziare le banche. I deputati tedeschi hanno approvato con una larga maggioranza il piano europeo di aiuti alla Spagna, che ha un ammontare massimo di 100 milioni di euro. Lo ha annunciato il presidente del Bundestag, Norbert Lammert. Su 583 votanti, 473 hanno votato a favore degli aiuti, 97 contro e 13 si sono astenuti.

Aprendo il dibattito prima del voto, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha sottolineato che la Spagna, a causa dell’estremo nervosismo dei mercati, «non è in grado a gestire da sola le difficoltà del proprio settore bancario, messo a rischio dalla bolla immobiliare, e questo è un principio condiviso da Commissione europea, Eba, Bce e Fmi».

«Sui mercati – ha detto il ministro – sono emersi dubbi sulla capacità dello Stato spagnolo a risolvere i problemi delle banche senza mettere a rischio la solvibilità delle finanze pubbliche. Anche solo un indizio in questo senso può portare a gravi effetti di contagio nell’Eurozona», così che  «i problemi della Spagna diventano problemi per la stabilità finanziaria dell’Eurozona». La Germania «ha un forte interesse» a fare sì che l Spagna abbia il tempo necessario per continuare nel suo coraggioso percorso di riforma. Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/5BRUZ

La Germania «ha un forte interesse» a fare sì che… La Germania «ha un forte interesse» a fare sì che… La Germania «ha un forte interesse» a fare sì che … chissà mai perchè date un’occhata qui sotto all’esposizione delle banche tedesche nei confronti della Spagna. Chissà chi sarà stato a fare creditoagli ingenui spagnoli in questi anni…

Andate e date una occhiata

http://icebergfinanza.finanza.com/2012/07/20/spagna-la-germania-ha-un-forte-interesse/

Germania: scontro in famiglia tra economisti pro e contro euro. Appello di 160 professori contro le risoluzioni del vertice di Bruxelles

 

di Massimo Demontis (Berlino)
A dare il via allo scontro è stato un gruppo di economisti riuniti attorno a Hans Werner Sinn, presidente dell’Ifo, l’Istituto di ricerca economica di Monaco di Baviera, i quali hanno reso pubblico un appello contro le decisioni dell’ultimo vertice EU di Bruxelles attaccando la cancelliera Merkel.

Hans Sinn è un economista anti salva-euro di lungo corso ed è uno che lancia spesso appelli-ammonimenti sui pericoli che l’euro rappresenta per l’economia tedesca, non ultimo quello sui crediti di 500 miliardi di euro della Banca centrale tedesca nei confronti di altre banche centrali nel sistema di pagamento Target2. Una trappola per Sinn, soldi persi, nel caso in cui dovesse crollare l’Eurozona.

Ora il presidente dell’Ifo di Monaco di Baviera alza però il tiro e insieme a 160 economisti ha pubblicato una lettera „ai cittadini tedeschi“ chiedendogli di „far giungere le preoccupazioni (degli economisti, ndr.) ai deputati della loro circoscrizione“ perché i „nostri deputati dovrebbero sapere quali pericoli corre la nostra economia“. Così si chiude l’appello.

I pericoli denunciati da Sinn e dai suoi colleghi si possono riassumere in tre punti:

il progetto di unione bancaria europea è il nemico numero uno

le banche devono poter fallire

nessuna socializzazione dei debiti dei paesi sovrani.

Per Sinn, Bernd Raffelhüschen, Klaus Zimmermann, Walter Krämer e gli altri firmatari la goccia che ha fatto traboccare il vaso e portato all’appello congiunto è il progetto di unione bancaria europea, l’eventuale ricapitalizzazione delle banche tramite il fondo permanente Esm, la creazione di una struttura di vigilanza bancaria comune e un sistema europeo di garanzie dei depositi, piani che non sarebbero in grado di porre la crisi sotto controllo e di risolverla.

L’hùmus fondante è dunque il terrore dell’economia tedesca di una socializzazione dei debiti dei paesi mediterranei, dover pagare per chi non è capace di gestire i propri soldi, perché i „Schuldenländer“ (i paesi indebitati) possiedono una „maggioranza strutturale nell’Eurozona.  Il rischio per i paesi solidi, secondo gli estensori dell’appello, „è di essere sottoposti continuamente a nuove pressioni e maggiori richieste di denaro“. In questo quadro, „litigi e zizzania con i vicini sono già programmati“ tanto che, scrivono i professori, „ ne soffriranno i nostri figli e nipoti“.

Un quadro a tinte fosche quello dipinto da Sinn e dagli altri 160 economisti anche se quest’ultima parte dell’appello è stata poi rimossa dalla versione finale. Una chiamata agli scudi rivolta a cittadini e parlamentari che sembra fare più appello al ventre profondo delle paure della prima economia europea piuttosto che ad una analisi seria della crisi in corso. E infatti i professori non indicano alcuna ricetta per uscrire dalla crisi.

Le reazioni all’appello di Sinn e degli altri firmatari non si sono fatte attendere. Secondo ambienti governativi Angela Merkel avrebbe reagito in modo stizzito alle quasi accuse di „alto tradimento“ che si leggono tra le righe dell’appello, facendo sapere a stretto giro di posta che „per la Germania dopo Bruxelles non è cambiato nulla“ invitando a „leggere meglio le risoluzioni in quanto per il progetto di unione bancaria si tratta di una migliore vigilanza e non di un’ulteriore assunzione di responsabilità“ (finanziaria, per le banche in cirsi, ndr).

A fianco della Merkel e contro i firmatari dell’appello si schierano gli economisti pro-euro, i quali secondo Spiegel online starebbero a loro volta preparando un contro appello.

Non ha dubbi Peter Bofinger, membro del comitato dei saggi (Wirtschaftsweise) che si occupano di osservare e valutare l’andamento dello sviluppo economico della Germania, „l’appello danneggia il prestigio pubblico delle scienze economiche tedesche“. E non contribuisce alla risoluzione del problema, perché – spiega Bofinger – „in un dibattito già di per sé contaminato da paure e emozioni, compito della scienza è di contribuire alla concretizzazione tramite un’obiettiva analisi dei problemi e dei pro e contro di terapie alternative“.

Bofinger accusa i firmatari dell’appello di tacere il fatto che il fallimento di una banca in un paese in crisi avrebbe conseguenze per le banche di altri paesi, incluse „quelle tedesche e francesi e dunque anche per i risparmiatori e i contribuenti tedeschi“.

„Tutto ciò non ha niente a che fare con argomentazioni economiche ed è irresponsabile“ dice Michael Hüther, direttore dell’IDW, l’Istituto dell’economia tedesca vicino agli industriali. La sua opinione è condivisa anche da Dennis Snower, presidente dell’Institut für Weltwirtschaft die Kiel.

Entrambi sono convinti che l’appello dei 160 economisti punti al ventre molle dei tedeschi.

Intanto si registrano le prime reazioni anche in campo politico.

Sahra Wagenknecht della Linke da’ ragione ai professori anti-euro almeno in un punto: „è giusto che esista la possibilità che le banche possano fallire“. Con le risoluzioni del summit di Bruxelles si profila una Unione dei debiti a favore dei banchieri, in cui i contribueni europei vengono durevolmente dissanguati per gli errori speculativi della mafia finanziaria“.

Il portavoce economico dei Grünen Gerhard Schick è sulla stessa linea degli economisti critici dell’appello di Hans Sinn. „Lo status quo significa che il salvataggio delle banche potrebbe essere molto più caro di quanto necessario e condurre a un continuo finanziamento dei grandi istituti bancari“. Meno caro per i contribuenti, prosegue Schick, „sarebbe invece un coordinamento del sistema bancario eruropeo e una unione bancaria“.

Critico con le risoluzioni del vertice di Bruxelles è il portavoce economico dell’SPD Carsten Schneider. Per Schneider le risoluzioni „rischiano di modificare completamente il carattere del fondo Esm, da fondo pensato per salvare gli stati a fondo salva banche“.

Chiaro il segnale che l’SPD manda alla cancelliera Merkel: senza regole ben definite non siamo disposti ad accettare la socializzazione dei problemi delle banche, „per di più in un quadro in cui la Banca centrale europea non può essere arbitro, e quindi assumere il ruolo di organo di vigilanza, in quanto giocatore essa stessa“.

L’appello degli economisti è legittimo, dice Schneider, ma „il professor Sinn non ha sinora indicato alternative convincenti per assicurare il mantenimento dell’unione monetaria europea, cosa che è nell’interesse tedesco“.

L’intervento di Alexander Dobrindt, segretario generale dei cristiano democratici della CDU, ha invece un altro fine: stoppare l’immagine diffusasi all’estero di una sconfitta della linea dura della Merkel e di una vittoria del trio Monti-Rajoy-Hollande. Per Dobrindt l’appello dei 160 è un „ monito affinché la realizzazione delle risoluzioni del vertice non sia interpretata in modo troppo estensivo e nella falsa direzione“ come è dato pensare in Italia, Spagna, Francia, Portogallo e Grecia è il sottointeso del governo tedesco, su questo punto unanime nelle sue dichiarazioni pubbliche. Detto in altre parole, la Merkel a Bruxelles non ha perso e non si è rimangiata la linea del rigore come viene fatto credere alle opinioni pubbliche europee.

http://cambiailmondo.org/2012/07/06/germania-scontro-in-famiglia-tra-economisti-pro-e-contro-euro-appello-di-160-professori-contro-le-risoluzioni-del-vertice-di-bruxelles/

L’incoerenza dell’economista

Di David Pascucci | 04.07.2012 10:51 CEST

“Il fallimento dell’euro”, uno dei temi più hot degli ultimi mesi, oggetto di discussione sul web e nelle tv e molto trattato dagli economisti che esprimono il loro parere sull’argomento. Ma questi economisti che parlano di “euro-fallimento” dove erano 12 anni fa?

 

Si parlava di euro come la soluzione ad un’instabilità dovuta a diversi fattori (svalutazione competitiva, efficienza negli scambi ecc.), eppure questa instabilità è addirittura peggiorata rispetto ad allora. Ovviamente, nel processo di creazione, sembra che i rischi non siano stati calcolati con precisione e lungimiranza dando poi risalto ai soli fattori “positivi” del nuovo strumento finanziario che avrebbe rivoluzionato l’economia da lì in poi.

Si sa, quando viene costruita un’automobile, prima di essere messa in circolazione, viene fatto un apposito Crash Test, un test di resistenza agli urti per capire se la vettura può rivelarsi sicura, efficiente e priva di difetti rilevanti. Il crash test europeo non è stato effettuato anzi, possiamo dire che il “crash” è già avvenuto ma ora non sappiamo la rilevanza dei danni subiti e l’entità degli sforzi che serviranno a rimettere la “vettura” in condizioni normali nei giusti tempi.

Gli economisti, in tal senso, hanno 2 colpe: la prima è stata quella di divulgare l’idea che l’euro sarebbe stata la soluzione a tutti i mali dell’Europa (mai unita); la seconda, quella di aver tacitamente acconsentito alla creazione dell’euro per non rimanere “fuori dal coro” e correre il rischio di essere visti come malfattori con la conseguente esclusione dalla maggioranza di pensiero.

In sostanza, gli economisti hanno seguito il flusso di opinioni e hanno preferito la linea della maggioranza con una ricaduta sulla reputazione nel lungo periodo abbastanza gravosa per la categoria, una categoria vista ora come complice del disastro finanziario attuale.

Ora, invece, gli economisti parlano del fallimento di quell’euro che tanto promuovevano più di 10 anni fa. Come la scorsa decade, gli economisti promuovono politiche economiche (vedi austerity) che sembrano, anche all’opinione pubblica, l’unica soluzione alla crisi in atto e che con molta probabilità si riveleranno un fallimento accompagnato da una lenta agonia (vedi Grecia).

Dove sono gli economisti coerenti, con una linea di pensiero indipendente e totalmente svincolata dal “flusso ideale”? Sono pochi e, ovviamente, sono fuori dal giro.

http://it.ibtimes.com/articles/32729/20120704/economia-crisi-euro-incoerenza.htm

 

MOEBIUS

http://www.controappuntoblog.org/2012/07/12/moebius/

nastro di Moebius

http://www.controappuntoblog.org/2012/07/12/nastro-di-moebius/

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