The Scarlet Plague, by Jack London (MPL Book Trailer #154)

Siamo nel 2013 e sono pochi coloro che sopravvivono alla peste. E il vecchio conserva come un tesoro il suo sapere in quella che è diventata l’era della pietra. Sono solo quattro sopravvissuti e riunitisi attorno al fuoco, raccontano una bella storia. Eccola, la storia della Morte Rossa: “A quel tempo San Francisco aveva quattro milioni di abitanti…” e “stando al censimento del 2010 l’intera popolazione mondiale era di otto miliardi…”.

E c’erano “apparecchi in cielo: dirigibili e macchine volanti”. Quanta fantasia per il nostro scrittore che narra di questo germe, quell’invisibile corpuscolo così piccolo così potente, è il fattore x in cui è contenuta l’ubiqua radice di vita (”germinare”, cioè nascere), malattia e morte (il Virus). Si vorrebbe debellare definitivamente il germe e assumere il controllo. In fondo, la scienza ha salvato milioni di vite e vinto fondamentali battaglie contro i virus ma, come tutti temiamo (ci viene ricordato in continuazione, se non altro come invito a vaccinarci), non vincerà la guerra.

Nel racconto del suo alter ego le sorti dell’umanità sono avvolte da un cupo pessimismo, come se il day after fosse un destino ineluttabile della nostra specie, condannata da un misterioso Germe annidatosi stavolta nella sua essenza. Moltiplicarsi, progredire, costruire. Combattere, distruggere, distruggersi. La condanna di chi ripercorre i corsi e i ricorsi storici ma non puo’ far nulla.

E se invece la “memoria del futuro” scaturita dalla penna di Jack fosse uno sprone a non mollare, a combattere imperterriti il male, l’origine del male con determinazione e solidarietà. Nella sua peste non c’è l’eroismo di certi personaggi e non c’è neanche un messaggio di Dio. C’è l’uomo e basta. Ci sono i sommersi, giusti e sbagliati. Ci sono i salvati, giusti e sbagliati. C’è l’universo che non si cura della fatica umana di creare una civiltà ed è pronto ad abbatterla ancora e ancora, ogni volta che verrà ricostruita. Un libro da leggere in un fiato, sia per capire più a fondo la complessa e mai banale personalità di Jack London, sia per riflettere su questa nostra pericolosa modernità, sulla precarietà del nostro benessere.”Con la peste che campeggia sin dal titolo, affiora la perdita di differenza e la violenza si diffonde come un virus, i focolai si fanno sempre più virulenti, le paure ataviche rispuntano sotto nuova veste, uno scatenamento contagioso. La peste segna la fine sempre incombente del gruppo,al suo interno la violenza si fa generalizzata,e ogni singolo si aggrappa con le unghie e con i denti alla propria presunta differenza fino all’indifferenziazione , estesa in un lampo all’intero pianeta, fino all’ecatombe”. Leggete..

 

http://www.votailprof.it/Blog/Libri/La-peste-scarlatta-di-Jack-London-159113

 

La California in fiamme, l’influenza A. Per chi crede che la letteratura sia a continuazione dell’arte mettere insieme il mondo con altri mezzi, ecco la coincidenza. Adelphi ripubblica La peste scarlatta di Jack London (tr.it. O. Fatica, 9 euro). Un vecchio e un bambino si prendono per mano e vanno insieme incontro alla sera di un mondo rimasto senza civiltà. Il vecchio è l’unico sopravvissuto di un’epidemia che ha sterminato prima Londra e l’Europa, poi New York, San Francisco e l’America, infine tutta l’umanità. E racconta a ragazzini senza numeri e senza alfabeto di quello che era un tempo il mondo degli uomini e di come sprofondò nella malttia e nelle fiamme della guerra tra i sopravvissuti.

London è un cinico. Nella sua peste non c’è l’eroismo di certi personaggi della Peste di Camus. Non si impara nulla a differenza della peste sapienziale di Artaud. Non c’è nessun messaggio da Dio né provvidenza come nella peste di Manzoni. C’è l’uomo e basta. Ci sono i sommersi, giusti e sbagliati. Ci sono i salvati, giusti e sbagliati. C’è l’universo che non si cura della fatica umana di creare una civiltà ed è pronto ad abbatterla ancora e ancora, ogni volta che verrà ricostruita. L’anno è il 2013, l’ha scritto nel 1912.

 

http://olivero.blogautore.repubblica.it/2009/09/01/la-peste-di-london/

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