due o tre cose che so di Handel

L’aspetto comico nelle opere di Handel

 “Sarebbe necessario anche studiare a parte le sue arie buffe. Coloro che negano a Handel il dono della comicità errano conoscendolo male. Era pieno di humour, e lo ha spesso espresso nelle sue opere. Nel suo primo melodramma, l’Almira, la parte di Tabarco è presentata con uno stile comico alla Keiser e alla Telemann. Ricordano allo stesso modo alcuni aspetti un po’ caricaturali della parte di San Pietro, nella Passione di Brockes. Il Polifemo dell’Aci e Galatea presenta invece una superba imponenza di buffoneria selvaggia. Ma, dall’Agrippina in poi, Handel ha fatto sua la fine ironia italiana; e lo stile leggero, caratterizzato da minute movenze, da ritmi balzanti, che precorre Vinci e Pergolesi, appare in lui fin dal Teseo. Il Radamisto, la Rodelinda, l’Alessandro, il Tolomeo, la Partenope, l’Orlando, l’Atalanta ne offrono molti esempi. La scena di Alessandro e Rossana assopita, o che finge d’esserlo, è una scenetta di commedia musicale. Il Serse e la Deidamia sono tragi-commedie, di cui azione e stile portano all’opéra-comique. Ma il suo genio comico spiegherà ben altro volo negli oratori, dove Handel non solo plasmerà tipi complessi o colossali, come Dalila e Harapha nel Sansone, o come i due vecchi nella Susanna, ma dove il suo riso olimpico traboccherà nei cori de L’allegro, squassando con la sua gioia irresistibile l’intera sala”.

 

Il Primato nel teatro lirico

“La rovina dell’Accademia operistica di Londra (siamo nel 1727) non aveva per nulla intaccato il suo personale prestigio: era considerato, non solo in Inghilterra, ma in Francia, come il maggiore maestro del teatro lirico. I Suoi melodrammi italiani da Londra si diffondevano in tutta Europa. ”

La strumentalizzazione della Musica di Handel

Come esempio di come la sua musica venisse strumentalizzata (rappresentata senza il suo permesso, in mano alla concorrenza) per tornaconti personali, segno del riconoscimenti della Qualità della stessa, ecco ancora che il premio nobel Romain Rolland ci illumina in una delle sue note:

“L’ACI  E GALATEA fu ripreso nel 1731, poi ridato nel 1732 al teatro dell’Haymarket, con scenari e meccanismi, sotto il titolo di English Pastoral Opera, ma senza che Handel avesse dato il permesso, che, per battere la concorrenza, fece eseguire egli stesso la sua Opera, un mese dopo. In quanto ad ESTHER, un membro della Accademia di Musica antica, Bernard Gates, che aveva già cantato in quell’opera dal Duca di Chandos, e ne possedeva una copia, la fece eseguire nella Locanda della Corona e dell’Ancora, il 23 Febbraio 1732. A sua volta, Handel, il 2 Maggio 1732, al teatro dell’Haymarket, diresse l’opera, che venne definita Oratorio Inglese. Sei audizioni non bastarono per appagare l’interesse del pubblico.”

Generosità di Handel

“Sebbene fosse caduto in un periodo di difficoltà economiche, Handel pensava sempre ai più miseri di lui. Nell’aprile del 1738, aveva fondato con altri musicisti inglesi di fama, Arne, Greene, Pepusch, Carey, la Society of Musicians, in aiuto ed appoggio ai musicisti poveri ed anziani. Benchè fosse quindi in ristrettezze economiche, fu più generoso di tutti gli altri. Il 20 Marzo 1739, diresse, a beneficio della Società l’ Alexander’s Feast e un nuovo concerto per organo. Il 28 Marzo 1740, diresse l’Aci e Galates e la piccola Ode a Santa Cecilia. Il 14 Marzo 1741, nei suoi periodi peggiori, diede il Parnasso in Festa, spettacolo di gala, onerosissimo per lui, con cinque concerti solistici dei più celebri strumentisti. Più tardi Handel ebbe modo pure di lasciare 1.000 sterline alla Società.”

Ad Libitum e Cembalo

Le indicazioni di Handel “ad libitum” o “cembalo”, che sono situate qui e là nelle sue composizioni, segnano i posti in cui l’improvvisazione doveva sgorgare spontanea. A dispetto della forza fisica di Handel, il suo modo di suonare era sommamente dolce ed omogeneo. Burney riporta che “quando suonava, le sue dita erano talmente arcuate e saldate assieme che non si notava nessun movimento nella mano, ed a fatica quello delle dita”. Seiffert ritiene che “la sua tecnica, che realizza le aspirazioni di Rameau, doveva certo usare sistematicamente il pollice, in senso moderno”, e che “si può cercare un rapporto fra l’arrivo di Handel in Inghilterra e la diteggiatura italiana, che presto si affermò largamente”.

 

Gluck ed Handel

“Dalla fine del 1745, Gluck era di passaggio a Londra. Aveva allora 31 anni e fece eseguire a Londra 2 sue opere: La caduta dei Giganti e L’Artamene. La dimora di Gluck in Inghilterra non ebbe alcuna importanza per Handel, che si mostrò alquanto sprezzante verso la musica di lui. Ma non fu così per Gluck, che, tutta la vita, professò il più profondo rispetto per Handel; lo considerava suo maestro: credeva, anzi di imitarlo. A dire il vero colpiscono alcune analogie fra talune pagine degli oratori handeliani, eseguiti fra il 1744 e il 1746 (Hercules e Judas Maccabeus) e i grandi melodrammi di Gluck. Le due scene funebri del I e del II Atto si ritrovano nei patetici accenti ed armonie dell’Orfeo.”

 

Osservazioni di Rolland sulla musica Strumentale di Handel

“La musica strumentale di Handel merita parte di una analisi alquanto approfondita, perchè è stata quasi sempre mal giudicata dai musicologi e mal compresa dagli artisti che, per lo più, vedono in essa solo vuota forma. Il suo primo carattere è di essere una continua improvvisazione. Se è stata pubblicata, in molti casi lo fu malgrado o all’insaputa di Handel stesso (vedi sopra). non era fatta per esser letta e giudicata freddamente, ma esser servita calda calda al pubblico. Erano dei liberi abbozzi, la cui forma non era mai definitivamente compiuta, ma rimaneva sempre mobile e viva, modificandosi, al concerto, secondo le 2 sensibilità messe di fronte: quella artistica e quella del pubblico. Tutti i contemporanei concordano infatti nel celebrare la genialità con cui Handel, nelle sue improvvisazioni, si adattava, d’istinto, all’animo degli uditori. Come i sommi virtuosi, si sentiva subito in comunione di spirito con suo pubblico; e per così dire, collaboravano fra loro.”

I Ruoli assegnati agli strumenti

Romain Rolland scrive nella sua analisi Handeliana: “A Londra fu il primo ad introdurre i corni all’orchestra dell’Opera. Nel Radamisto per esempio, l’aria di Tiridate “Alzo al volo” e il coro Finale; e nel Giulio Cesare, egli aveva previsto ben 4 corni. Si è asserito che Handel fu anche fra i primi ad utilizzare dei clarinetti, e a conferma di tale teoria esiste una copia del Tamerlano, fatta da Scmidt, dove si legge “clar. e clarini” (invece di cornetti, del manoscritto autografo). Ma si deve anche credere che, come per i clarinetti usati da Rameau nell’Arcano e Cefiso, si trattasse di trombe acute. Ma Streatfeild pone l’accento anche su un Concerto per due “clarinetti” e corno da caccia, il cui manoscritto è nel Fitzwilliam Museum di Cambridge. Handel per primo poi libera l’espressività del violoncello (come in Alcina, Semele, l’Allegro, il Moderato e il Penseroso, Alexander’s Feast, l’Ode per Santa Cecilia): in generale Handel dà al violoncello un carattere di desiderio amoroso oppure di consolazione tragica. Handel dalla viola era capace di trarre strani effetti di mezzetinte incerte e fosche (per esempio nella famosa scena che apre l’Alexander’s feast, durante la seconda parte dell’aria, in sol minore, rappresentando uno stuolo di mostri, che insepolti, vagano nella notte. on un violino, nè un ottone, ma solo 3 fagotti, 2 viole, violoncello, contrabbassi ed organo). Il ruolo che assegna ai fagotti è quello di evocatori di atmosfere lugubri e fantastiche (Gli strumenti mostruosi creati per le monumentali esecuzioni a Westminster. Il controfagotto di Stansby, costruito nel 1727, per gli Inni di Incoronazione. Handel si fa anche prestare il più poderoso timpano conservato nella torre di Londra dal gran maestro dell’artiglieria, sia per il Saul e il Te Deum di Dettingem. Egli inoltre non disdegna l’impiego delle armi da fuoco in orchestra. La signora Elisabeth Carter scrisse: “Handel ha letteralmente introdotto armi da fuoco nel suo Judas Maccabeus, e fanno un buon effetto” e Sheridan in un abbozzo comico (Jupiter) ritrae un autore che intima di lanciare un colpo di pistola dietro le quinte, asserendo: “Questo, lo copio da Handel”. Handel sperimentava anche strumenti nuovi, più piccoli e di dimensioni più grandi:  Handel infatti impiega il tamburo a solo, in maniera drammatica, per il giuramento di Giove in Semele.

Handel nella sua sperimentazione cerca anche nuove atmosfere, per la creazione di esotismi e colori locali: per la scena dell’apparizione di Cleopatra nel Parnasso all’inizio del II atto del Giulio Cesare, Handel impiega due orchestre, una della quelli in scena (oboe, 2 violini, viola, arpa, viola da gamba, tiorba, fagotti, violoncelli) l’altra nella sala. Invece occorre menziona re anche l’aria di Cleopatra nell’Alexander Balus, che è accompagnata da 2 flauti, 2 violini, viola, violoncello, arpa, mandolino, contrabbassi, fagotti ed organo.”.

Handel e Bach: un giudizio del Premio Nobel Romain Rolland

“L’influsso dell’anima e dell’arte di Zachow su Handel non fu meno forte degli effetti del suo metodo didattico. Colpisce l’affinità di Zachow con quella handeliana: affinità di carattere e di stile.”

Arte di luce e di gioia: non ha nulla del pio raccoglimento, chino su se stesso, di Bach, che scende nelle profondità del suo pensiero, che ama esplorarne tutte le pieghe e che, nel silenzio e nella solitudine, conversa con il suo Dio. La musica di Handel è musica di grandi spazi, di affreschi vorticosi, come quelli delle cupole delle Chiese di seicento/settecento, ma più ricca di fede. Quella musica, che incita all’azione, esige ritmi d’acciaio, su cui si puntelli e rimbalzi. Ha temi trionfali, esposizioni di solenne ampiezza, marce vittoriose, che stritolano tutto, senz’arrestarsi mai, accentuate, spronate da gioiosi disegni di danza. Essa raccoglie motivi pastorali, voluttuose e pure fantasticherie, danze e canti, accompagnati da flauti, di fragranza ellenica, un virtuosismo sorridente, una gioia che s’inebria di se stessa, linee roteanti, arabeschi di vocalizzi, trilli del canto che giocano con gli arpeggi e le piccole onde dei violini: Unite questi due aspetti: l’eroico e il pastorale, le marce guerriere e le danze di giubilo, ed avrete i quadri Handeliani: il popolo di Israele e le donne che danzano davanti all’esercito vittorioso. Troverete in Zachow l’abbozzo delle monumentali costruzioni di Handel, dei suoi Allelujaqueste montagne che tuonano d’allegrezza – dei suoi Amen colossali che coronano i suoi Oratori come una cupola di San  Pietro……Certo, un Handel in piccolo (si parla di Zachow), con molto minor respiro, minor ricchezza inventiva, soprattutto minor potenza di sviluppo. Non basta per innescare quei colossali movimenti di eserciti che marciano e danzano: bisogna avere le spalle abbastanza solide per reggere l’edificio, senza curvarsi, fino alla meta. Zachow piega lungo la vita, non ha la forza vitale di Handel. ”

http://www.handelforever.com/commentari/commentari_handeliani.htm

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