Signor Puntila e il suo servo matti

 

Signor Puntila e il suo servo matti (Il)
di Bertolt Brecht
al Teatro Nuovo
Teatro Stabile di Torino
regia di Aldo Trionfo
con Tino Buazzelli, Corrado Pani, Leda Negroni, Leo Gavero, Maria Grazia Marescalchi, Laura Ambesi, Angela Cardile, Antonietta Carbonetti, Enrico Poggi, Claudia Lawrence, Jole Silvani, Pietro Buttarelli
La Notte, 10 febbraio 1971

Finalmente, se Dio vuole, un Brecht divertente, rappresentato in maniera divertente. Quanti spettacoli brechtiani ci sono in giro in questa stagione? Fra grandi e piccoli, sono quattro o cinque, che io sappia. Ebbene, quello del Teatro Stabile di Torino, approdato, ieri sera con tanto lieto successo, al Nuovo, dimostra abbondantemente una cosa che, ai chierici di stretta osservanza, parrà una vera e propria eresia: le chiavi per rappresentare Brecht sono più di una; esso può fare a meno benissimo e, una volta almeno, vantaggiosamente, dell’ “estraniamento” col quale per tanto tempo, ci hanno rotto i timpani e altri organi. A essere onesti, bisogna, anche, riconoscere che, al gradito quanto inatteso risultato disinibente, poche – diciamo pure nessuna – delle sue altre opere si prestavano come Il signor Puntila e il suo servo Matti; una delle numerose grandi metafore sull’antagonismo di classe, eccezionalmente, e fortunatamente, nella forma comica di una colossale farsa satirica, secondo la tradizione della “commedia popolare austriaca e bavarese”, rivisitata con comicità tanto esplicitamente innocua e bonaria quanto implicitamente mordace ed amara.
Essa si contraddistingue per una qualità che, a parere del punto di vista onde uno si pone, può indifferentemente essere ritenuta un pregio o un difetto: scontate inevitabilmente la connaturale ispirazione e la metodica coerenza marxistiche consuete, esse, poi, non debordano, non intimidiscono e non affliggono lo spettatore col molesto didascalismo di tante altre volte; dicono, in fondo, la stessa cosa, ma con la delicatezza di non prenderlo a calci nel coccige per obbligarlo a star attento alla lezione.
La facoltà di assimilazione, stavo per scrivere, di plagio, di Brecht, si sa, fu teutonicamente vorace e insaziabile come l’orchestra wagneriana. Questa volta, farne le spese toccò a un racconto il quale, guarda caso, pare dovesse addirittura diventare una commedia, della scrittrice Hella Wuolijiki, che ospitò, in Finlandia, per circa due anni, 1940 e 41, Brecht esule dalla Germania nazista. Qualcuno ci aggiunge anche il folclore finlandese di cui persistono echi inconfondibili nei punti più ispirati del copione. All’origine inconfessata di tutto, però, sta, con ogni probabilità, una indimenticabile trovata del film Le luci della ribalta di Chaplin: quella, ricordate?, del magnate buono, umano, espansivo e generoso quand’è ubiaco; crudele, barbaro, snaturato e brutale quando non ha bevuto.
I dodici quadri, episodi, momenti, o pezzi chiusi che dir si voglia, componenti una commedia per accumulazione più che per tradizionale svolgimento, procedono, uno sull’altro, alternativamente, sul filo di ques’idea. Cominciano col fare la conoscenza del grande agrario Puntila in fase di ebrietà, quand’è pieno di grappa sino al collo. Esso catechizza il proprio autista, Matti, sul proprio incoercibile buon cuore e sulla propria irrefrenabile fraternità.
Ahimè, nell’episodio successivo, lo conosciamo sobrio, intenzionato a offrire sua figlia, Eva, in moglie a un diplomatico mezzo ebete e interamente interessato. Cambiamento a vista nella seguente fase di ubriachezza: schifato da quel genere di nozze, vorrebbe dare, addirittura, la figlia in isposa a Matti. Essa ci starebbe; al punto che cerca di provocare il giovanotto a comprometterla, tramite aggressione erotica davanti al diplomatico citrullo, il quale non c’è verso che ci faccia caso. Frattanto, Puntila, preda dei fumi dell’alcol si è fidanzato, personalmente, con ben quattro contadine in una volta sola. Esse si presentano per essere impalmate il giorno dopo. Ma, purtroppo, è un momento in cui lo spasimante di ieri non ha bevuto un goccio e le scaccia maltrattandole come un negriero.
Nuovamente sbronzo, caccia via il futuro genero diplomatico, insistendo che debba essere l’autista a farlo diventar nonno. Da nullatenente di buonsenso, Matti sottopone a un congruo esame la ragazza per significarle cosa voglia dire essere la consorte di un proletario. Le grottesche prove, dalle quali la “signorina” esce naturalmente bocciata, sono: sapersi rassegnare a pasteggiare ad aringhe salate mattina e sera, lavare la biancheria, tollerare la fatica, la stanchezza, il sonno, saper rammendare le calze, tutte le quotidiane, grevi occupazioni, insomma, di una donna del popolo.
Dopo una sorta di conclusiva apoteosi della fantasia alcolica, dove il pantagruelico bevitore accatasta mobili su mobili e si arrampica sul mucchio, convinto che si tratti di una montagna dalla quale di contempla tutto il paesagio della Finlandia, il prudente Matti ne ha abbastanza, lo abbandona rompendo l’ambiguo sodalizio, e si allontana, evidentemente giunto alla persuasione che il divario di classe, facciamo, in termini marxistici: il contrasto tra capitale e lavoro, non si supera con le sbronze in comune  e con le smancerose profferte di fratellanza che ne derivano. E fa bene, poiché, guarda combinazione, manco nei momenti di maggior ebrietà e, quindi, di munifica generosità, il suo strambo padrone prende mai decisioni irreversibili che non possano venir rimangiate quando si sono dileguati i fumi dell’alcol.
È dalla meccanica fratellanza di codesti due opposti modi di essere e di agire, positivo o negativo, ridotti, ognuno al proprio elementare automatismo, che scaturisce tutta la esplicita comicità della commedia. Deliberatamente spaccata nelle sue due componenti, siamo se vogliamo, ancora di fronte alla duplicità e all’amiguità di tanti altri personaggi brechtiani: per esempio, il Mauler della Santa Giovanna; per esempio, la protagonista dell’ Anima buona di Sezuan; per esempio, la stessa Madre Courage.
Trovar da ridire sulla superfluità, in fondo, di una polemica sociale inserita in un contesto che, già di per sé, parlerebbe sufficientemente chiaro? Tanto varrebbe pretendere che Brecht non fosse più Brecht. Deplorare certe teutoniche gravosità, lungaggini, insistenze, iterazioni? Significherebbe dimenticare che Brecht è un tedesco che si rivolge a dei tedeschi, il che vuol dire tedesco due volte.
Lo spettacolo? Deliberatamente – provocatoriamente? – senza la benché minima osservanza di “epicità”  e di “estraniamento” – salvo, beninteso, nei momenti inevitabili in cui vengono cantate le musiche di Dessau, accompagnate al pianoforte, in mostra, dal maestro Sellani – Aldo Trionfo, nella sua regia, ha, mi pare, inteso attenersi alle raccomandazioni dello stesso Brecht;  e cioè a “uno stile nel quale risultino fusi elementi della Commedia dell’Arte, insieme ad elementi del dramma realistico di costume”. Agevolato dalla preziosa, determinante collaborazione di Emanuele Luzzati, scenografo e costumista geniale, nonché esemplarmente pertinente, come al solito, ne è sortito una specie di avanspettacolo d’arte, popolaresco e sofisticato insieme, procedente per quadri singolarmente conclusi; che accetta, anzi sottolinea, la fatturazione della commedia: quasi, se mi si passa l’ardito accostamento, starei per dire i “pezzi chiusi” del nostro melodramma tradizionale.
Far il nome di Puntila e venir in mente Tino Buazzelli è tutt’uno. La barocca grandiosità, la tumultuosa espansività, alternata alla truce carogneria, la caricatura al pantografo onde gratifica il personaggio che non riesce a diventar antipatico, riempiono il palcoscenico e dilagano in ilarità sulla platea. Difficile tenergli testa. Ci riesce un gradino al disotto – ma era inevitabile, ne è cagione la struttura stessa della commedia – Corrado Pani, un Matti testardo, dalla grinta risentita e dalle idee chiare.

Oltre ai due protagonisti, il successo deve molto a Leda Negroni, umoristica ereditiera; a Leo Gavero assai lepido pretendente; a Maria Grazia Marescalchi, Laura Ambesi, Angela Cardile, Antonietta Carbonetti, spettegolanti promesse spose respinte; a Enrico Poggi, Claudia Lawrence, Jole Silvani, Pietro Buttarelli e via discorrendo, sottufficiali e truppa, tutti, e non sono pochi, all’altezza della situazione, o quasi.

http://old.sipario.it/recensionesignorpuntila.htm

 

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